Qualche tempo fa stavo cercando su youtube qualcosa dei Green River e dopo un paio di ascolti ecco comparire tra i video suggeriti anche un titolo italiano, Il mio Nirvana, di un gruppo romano, i KamchatKa! (non sono riuscito a ricostruire il percorso che mi ha portato lì...). Provo ad alscoltarli e il pezzo non è proprio niente male! Dopo un po' di giorni vedo che hanno pure pubblicato un album che si può ascoltare su Bandcamp (http://kamchatka.bandcamp.com/ ). Il disco è registrato molto bene, con chitarre robuste e qualche tastierina che spunta qua e là.
L'inizio è affidato a Il mio Nirvana: una dichiarazione d'amore ai gruppi americani che hanno definito il suono e l'immaginario della band. Anche i cambi di tempo che la caratterizzano ci introducono bene al resto del disco. Si prosegue con brani che quando durano più di quattro minuti ricordano piacevolmente le battaglie soniche dei pezzi più lunghi degli Smashing Pumpkins: tra questi, Addio miei falsi dei tuttavia risulta un po' confusionaria per il ritmo che tiene la batteria e per la voce un po' filtrata mentre Alla continua ricerca di un equilibrio inizia come un pezzo dei Sonic Youth fino all'arrivo del basso e della voce che virano su colori più bui, diciamo dalla parte dei Green River. Tuttavia...il “perché” ricorda per uno strano contrasto Hai un momento Dio di Ligabue! Magari sono cose che non si vorrebbero leggere in una recensione come questa ma così mi ha detto il mio orecchio! Strega è il pezzo più convincente, un testo con alcune uscite memorabili (“sparare alle spalle di un uomo già morto”) sostenuto da strumenti ruvidi che poi dopo l'intermezzo strumentale proseguono arricchiti dalla confusione di altre voci che si sovrappongono al ritornello. Bella! Weiss ha alcuni momenti che sembrano ritagliati da Crooked Rain Crooked Rain dei Pavement (ovviamente questo è un complimento). Lo scontro finale è uno strumentale il cui titolo rispecchia benissimo lo stile: dopo una risata parte una cavalcata di chitarra e batteria controllata da un basso sempre preciso e regolare. Si arriva così a Un'altra vittima con un inizio che ricorda un po' Jeremy e un assolo vagamente metal. Finito il brano ecco che dopo cinque minuti di silenzio parte una riflessione in stile Massimo Volume; confessione generazionale di inerzia e incapacità di comunicare, un po' troppo impostata nella recitazione ma molto bella nel testo e musicalmente.
Un esordio assolutamente consigliato per un gruppo che riesce a fare un rock in italiano credibile e non derivativo; i nobili riferimenti si sentono tutti e sono intelligentemente dichiarati ma non ci troviamo certo di fronte ad una cover band dei gruppi americani degli anni '80/'90. Insomma, una buona dose di rock italiano proprio ci voleva!
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