1. Stimo parecchio Pinketts, anche se è poco presente a Mistero, riesce comunque a dare un certo tono etilico al programma! Per celebrare il suo genio posto di nuovo un piccolo articolo che avevo pubblicato un paio di anni fa sul mio vecchio blog. Il buon Andrea G non ne esce benissimo, ma bisogna essere sinceri nei suoi confronti!

    I romanzi di Pinketts non si leggono tanto per la trama... che a volte è poco coerente, ma per lo stile. A volte anche lo stile può essere un po' pesante perchè troppo pieno di giochi di parole, ma questo è un altro discorso! Leggendo la raccolta di racconti L'ultimo dei Neuroni credevo che il buon Andrea G. riuscisse a stare dietro alle brevi trame che imbastiva (ed effettivamente il primo racconto “Don Don nel paese dei campanelli” è abbastanza coerente), tuttavia mi sbagliavo. Spesso i racconti si chiudono in maniera sconclusionata! Ma il top lo si raggiunge in “La carica dei 68”; il paragrafo che cito sembra non sia stato neanche riletto dall'autore!

    Non c'è bisogno della dottoressa B, la psicoterapeuta di Andrea G. Pinketts, il celebre scrittore, per spiegare perchè ha deciso di fare del pericolo il proprio mestiere nel senso di business. Marzio Anco, che deve il nome a suo padre, un coglione appassionato di storia romana, organizza giochi di ruolo molto particolari. Molto pericolosi. Suo padre Tullio gli è sempre stato ostile. E anche in questo caso è utile la consulenza della dottoressa B per capire perché Marzio sia diventato un bad guy, uno che prende a calci gli stinchi dei santi.


    All'inizio si dice che la storia di Marzio non ha bisogno della psicoterapeuta per essere spiegata, ma poche righe sotto si dice che “anche in questo caso” è utile un suo parere... come anche in questo caso?!? Prima aveva scritto che non serviva!!
    Molto si può perdonare a Pinketts, che rimane comunque un autore da leggere assolutamente, ma questa è proprio una trascuratezza!
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  2. Ascoltando un nuovo lavoro degli Afterhours bisogna tenere presenti almeno queste semplici verità: ogni disco degli After non è mai identico al precedente, ogni disco degli After anche se vario ha una sua forte coerenza interna.
    Quali sono allora le caratteristiche di Padania? Basta leggere i musicisti e gli strumenti che sono elencati nel libretto per capire che si tratta di un lavoro musicalmente molto denso; la principale notizia è quella del ritorno di Xabier Iriondo, il rumoroso chitarrista che tanto ha fatto su Pop kills your soul e sui primi tre dischi in italiano. Non c'è tuttavia un ritorno al revival del suono della metà degli anni '90; le chitarre e gli altri strumenti si intrecciano in una maniera totalmente nuova che è quella del patchwork: molti pezzi hanno continui cambi di tempo, riff che si intrecciano, voci che si rispondono (Ci sarà una bella luce, Giù nei tuoi occhi, Spreca una vita, Io so chi sono). Questo è quello che spiazza rispetto ai lavori precedenti e ci vogliono un po' di ascolti per accettare la nuova forma espressiva anche al di là del fatto che alcuni pezzi del patchwork sono migliori di altri più discreti. Manuel Agnelli vocalmente è molto in forma, riesce ad alternare diversi modi di cantare e la migliore prova della sua tecnica la dà nell'iniziale Metamorfosi che fa venire in mente Demetrio Stratos; tuttavia aver allargato così tanto lo spettro espressivo non ha avuto solo effetti positivi: quando sputa parole in un tono basso a volte non sembra molto convincente e questo crea un ulteriore effetto spiazzante, considerata la sicurezza con cui mescolava ironia e rabbia nei primi dischi in italiano.
    Tra i brani che hanno una struttura più tradizionale spicca per la sua potenza il primo singolo La tempesta è in arrivo, mentre la rumorosa Fosforo e blu si butta troppo facilmente in casino (un po' come nel disco precedente faceva Neppure carne da cannone per Dio). Altro elemento forte del disco sono le canzoni in cui c'è molta chitarra acustica: Padania, Costruire per distruggere, Nostro anche se ci fa male e La terra promessa si scioglie di colpo sono degli autentici capolavori; sono anche alcuni dei brani in cui i testi sono meglio articolati e più memorabili (“ma tu hai imparato ad amare il tuo dolore/ piuttosto che non amarmi più” da Nostro anche se ci fa male).
    I testi poi meritano un discorso a parte: Padania non è un disco che parla di politica; per gli After ogni discorso che riguarda la collettività parte sempre dal sentire personale, “c'è una dittatura/ perché c'è qui dentro me”, dalla consapevolezza che la verità è che la gente sta male. Con questo lavoro ci troviamo dentro un Paese allo sfascio: “cadremo tutti e poi festeggeremo la liberazione dal nostro dovere” in cui si può avere un sogno ma poi “non ricordi cos'è che vuoi” , in cui “fare parte della gente/ senza appartenere a niente”, “siamo un pubblico che spia un incidente”.
    Preparatevi ad ascoltare un lavoro non facile, con alcuni momenti brutti che dovrete sapere distinguere da quelli belli; un disco che vi metterà alla prova come ascoltatori. 
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