1. Quando un artista sceglie di fare uscire come singolo una sua cover di un pezzo famoso c'è sempre il rischio che sia un lavoro fatto con furbizia, nella speranza di sfruttare il successo dell'originale. 

    Ieri stavo riguardando il video della cover di Across the universe che Fiona Apple ha fatto anni fa. Il pezzo è abbastanza fedele all'originale, ma più che i suoni è il video che dà pieno significato alla frase più ripetuta della canzone: nulla può cambiare il mio mondo. Forse il video che meglio interpreta la forza positiva della musica.
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  2. Sulla copertina di Four, quarto disco dei Bloc Party, sono presenti quattro cerchi concentrici su uno sfondo nero. Per fare uscire questo disco i quattro hanno aspettato quattro anni e, dopo aver ricordato che uno dei pezzi emotivamente più intensi del disco si intitola Day four mi fermo con le ricorrenze di questo numero. Se ho dedicato le prime righe della recensione al titolo è perché la band londinese ha sempre scelto in maniera non casuale i titoli e l'artwork dei propri lavori (l'esempio migliore, più che il senso di intimità dei testi e della copertina del disco precedente, è l'atmosfera urbana che si percepisce già dalla copertina di A weekend in the city).
    Inizio dicendo che è un disco molto vario, sia al suo interno sia rispetto alla discografia del gruppo, in cui i ritmi danzerecci ci sono sempre ma ci sono meno tastiere e campionatori soprattutto rispetto ad Intimacy. Se si dovesse trovare un comune denominatore per tutto il disco, sarebbe la scelta di ritmi mai banali. Pezzi come Real talk (in cui compare anche un banjo!) la già citata Day four, Truth, V.A.L.I.S. sono classiche ballate alla Bloc Party, con dei testi che sanno scavare nell'intimo (lo fa anche la perversa 3x3, ma lì i ritmi sono più veloci...) Ma a proposito della scelta degli effetti per la chitarra, i brani che stupiscono di più sono Coliseum, dall'inizio country e altri brani con un suono aggressivo che ricorda gli Smashing Pumpkins (l'iniziale Se he begins to lie, Kettling, We're not good people). Gli intrecci delle chitarre -altro marchio di fabbrica “matematico” del gruppo -si sentono molto bene nel primo singolo, Octopus, come in Team A.
    Four è il classico disco che cresce ascolto dopo ascolto; all'inizio si rimane spiazzati dai chitarroni pesanti e dalle stranezze, ma poi pian piano ci si orienta in questo lavoro per nulla banale; quelle che ho definito ballate sono da brividi (la più debole è forse The healing) mentre i pezzi energici fanno venire voglia di muoversi trovando il proprio tempo all'interno delle architetture sonore che i quattro mettono su. 
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  3. L'altra sera ho scoperto per caso che un interessante gruppo di Torino, Il terzo istante, avrebbe suonato al Molly Malone; un pub di Pegli a circa un quarto d'ora da casa. Incredibile!! Per una volta un concerto che vale la pena di ascoltare, e a pochissimi minuti da casa!! 
    Arriviamo alle 22 nel locale e, nonostante dentro non ci sia quasi nessuno, prendiamo posto nella saletta dove sono allestiti gli strumenti e subito un qualcosa di troppo mi colpisce: tra la batteria e la tastiera...c'è un calcetto!!! Evidentemente liberare il palco sarebbe sembrato troppo impegnativo... Il barista immagina che il gruppo inizierà a suonare per le 22.30, 22.45 e così prendiamo una birra da sorseggiare con calma anche se il tre componenti del gruppo si avvicinano agli strumenti solo verso le 23. Mi avvicino per scambiare con loro  due parole e per scherzare sulla vitalità della Genova musicale, i tre mi sembrano contenti di suonare nonostante la sistemazione e la scarsità di pubblico: purtroppo a Genova finché c'è bel tempo quasi nessuno entra nei locali al chiuso. 
    Il terzo istante suonano in acustico e suonano i quattro pezzi del loro ep d'esordio, Come ti senti? molto bene; fanno inoltre tre pezzi nuovi che fanno ben sperare per il loro futuro, non so i titoli (e non ho chiesto a loro per non sembrare troppo invadente!) ma sono pezzi più complessi, nel primo c'erano dei suoni preregistrati, in quello che hanno poi usato come bis un bell'assolo in stile Doors (come anche qualcuno del pubblico fa notare!), sono proprio bravi ed è un peccato che la gente presente si potesse contare sulle dita di una mano. 
    La cosa che più mi ha stupito della serata, non è stata solo la mancanza di una minima pubblicità da parte del locale, ma l'assoluta mancanza di curiosità da parte di chi era a bere nel locale!! Le persone che si sono semplicemente affacciate per sentire sono state un paio, più un piccolo gruppetto che si è seduto vicino al palco...possibile che la musica dal vivo non incuriosisca neanche un minimo? Veramente l'interesse dei genovesi verso la musica è così basso??
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  4. Ripubblico una recensione che era nel vecchio blog, spero che possa essere di utilità a chi la cercava!

    Paesi tuoi di Cesare Pavese è stato un libro importantissimo quando uscì nel 1941. Pavese era conosciuto per la sua intensa attività all’Einaudi, che lo vedeva non solo in veste di redattore ma anche di specialista di scrittori americani e aveva pubblicato pochi anni prima un libro di poesie, Lavorare stanca che proprio verso scrittori americani come Walt Withman aveva un grosso debito. Paesi tuoi rispecchiava bene gli interessi che lo scrittore aveva manifestato nella sua precedente attività: in esso il paesaggio è vissuto come un vero e proprio personaggio, la campagna inoltre scatenava tutta una serie di istinti primordiali e violenti, come nelle opere di William Faulkner. Il romanzo, seguendo l’esempio della narrativa americana, era scritto in una lingua molto vicina a quella parlata, con la sua sintassi irregolare e termini dialettali piemontesi. La lingua di Paesi tuoi, e il suo legame così vivo nei confronti della terra di cui parla, furono i principali motivi per cui molti degli scrittori che iniziarono a scrivere negli anni ’40 presero il romanzo come un esempio da imitare: il Neorealismo che voleva riscoprire, dopo la retorica che aveva caratterizzato fin troppo la letteratura italiana, la gente comune e la voglia di raccontare il proprio mondo, decise di partire da questo libro che proseguiva idealmente lo scavo di un certo realismo che veniva fatto risalire fino a Verga. Come in tutti gli scrittori italiani fino almeno agli anni ’60, la scelta della lingua da usare per un operazione del genere non fu semplice. Pavese in particolare è stato forse uno degli autori del ‘900 con maggiore coscienza linguistica: per lui, piemontese, scrivere in una buona prosa italiana era una conquista importante e dover scrivere un libro in cui doveva scegliere quali elementi del piemontese fare convivere e che tipo di lingua fare parlare ai suoi personaggi langaroli non era una scelta semplice. La vicenda, come già accennato, esprime al meglio la realtà delle Langhe: il paesaggio se vogliamo crea le situazioni.
    La storia è semplice: Berto, un torinese, incontra in prigione Talino, abitante di un paese di campagna. Quando i due escono di prigione Berto, che faceva il meccanico, viene invitato da Talino ad aiutarlo con alcune macchine agricole nel suo paese. Non è ben chiaro se Talino sia il vero responsabile dell’incendio di una fattoria per cui è finito in prigione o se dietro di lui ci siano altre persone; Berto si invaghisce della sorella di Talino, Gisella, che scopre poi essere stata violentata dal fratello anni prima. In un impeto di rabbia, Talino pianta un forcone nella gola alla sorella uccidendola. Ho raccontato volutamente la trama in maniera breve e forse un po’ slegata perché così procede il libro. Molti passaggi, molti ragionamenti dei personaggi non sono descritti; così per quanto riguarda l’incendio al casolare, come è veramente andata e come Berto pensa sia andata, non abbiamo troppe spiegazioni. Non ci è dato neanche seguire il ragionamento che porta a capire l’incesto verso Gisella: la narrazione di Pavese ci permette di sapere solo alcune conclusioni a cui Berto arriva. Forse proprio questa eccessiva secchezza nei ragionamenti dei personaggi, così come il netto disprezzo che il torinese Berto ostenta verso la gente di campagna, possono essere considerati i limiti del romanzo.
    Il personaggio di Gisella, dallo stupro alla storia d’amore con Berto, al suo omicidio alla fine della vicenda, si carica di diverse valenze simboliche. È una vittima sacrificale, alla fine pare che nessuno faccia nulla per non farla morire, come se tutti sapessero che il suo destino era proprio questo. Il romanzo così da una parte si propone come una descrizione di una ben determinata realtà, ma dall’altra mostra appieno l’aspetto più “decadente” di Pavese. Oltre a Gisella anche il paesaggio è estremamente simbolizzato e letto in chiave soggettiva: Berto paragona sempre le colline a delle mammelle, e anche Gisella è paragonata alla frutta fresca. La lezione di Pavese, una delle tante, è proprio l’interpretazione in chiave soggettiva del paesaggio e il tendere trame metaforiche e simboliche sotto la trama “più visibile”.
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  5. In questa prima serata di festival la scaletta prevedeva un gruppo di punta attorniato da altri gruppi che muovono un pubblico di appassionati senza dubbio minore; in questo senso le successive giornate potranno vedere un pubblico diviso tra diverse preferenze mentre questa sera c'è una maggior compattezza.
    L'arrivo a Villafranca è stato rallentato da una sosta dovuta alla forte pioggia, ma eravamo ben preparati con mantelle e stivali! Verso le 15 parcheggiamo vicino al Castello scaligero, mentre già una cinquantina di persone sono davanti al cancello a prendersi una lunga e insistente pioggia... massimo rispetto per loro che sono stati bagnati per ore e ore, anche se in alcuni casi avrebbero potuto pensare ad un abbigliamento più adatto alle previsioni meteo!!
    Alle 16 i cancelli aprono e in breve entrano centinaia di persone a prendere posto sul prato davanti al palco. Poco dopo le 17 gli australiani Dz Deathrays prendono posto sul palco; si tratta di un duo chitarra/batteria che attacca con la grinta giusta, tant'è che tutte le persone si lasciano trascinare da loro alzandosi e avvicinandosi. Il gruppo propone un rock bello carico fatto di riff di chitarra distorta, cantato metal e una batteria molto geometrica, non banale ma potente. I pezzi si susseguono per una mezzoretta. Nonostante la poca varietà di effetti usati le canzoni non sembrano troppo simili tra loro e il gruppo si è giustamente dimostrato soddisfatto del pubblico, il batterista in un impeto di spettacolarità ha anche fatto una fontana di sputo e birra che fa sempre il suo effetto.
    Appena scesi dal palco ecco ritornare la pioggia, che questa volta è andata avanti per un'ora rischiando quasi di far congelare un trio di argentini che erano davanti a noi, più svariate altre persone. La pioggia continua mentre salgono sul palco i Temper Trap che per me sono stati una bella sorpresa; sul palco sanno essere energici e coinvolgenti, molto bravi anche nei passaggi strumentali; anche in questo caso il pubblico ha dato il meglio di sé sostenendoli sia sui singoli (in particolare Sweet disposition e Trembling hands) che sugli altri brani meno conosciuti. Il cantante scende tra il pubblico e lo ringrazia più volte per l'accoglienza invitandolo a ballare.
    Finisce la pioggia prima che salgano sul palco i Two Door Cinema Club, gruppo che ha tra il pubblico un bel numero di affezionati preparati sui loro pezzi e ben felici anche dei brani del secondo disco che uscirà lunedì 3 settembre, un brano addirittura viene suonato -a detta loro -per la prima volta. Il genere che propongono è un indie rock tipicamente inglese, con le chitarre protagoniste e ritmi da ballare “per asciugarvi dalla pioggia” come dice il bassista lanciatissimo in commenti un po' fuori. Dopo circa un'ora e mezza il gruppo scende dal palco per lasciare lo spazio ai molti tecnici che preparano la strumentazione e le scenografie per il Killers.
    Il pubblico segue con attenzione i preparativi del palco, pronto a pregustare i giochi di luci che contraddistinguono le esibizioni del gruppo di Las Vegas. L'oggetto che più incuriosisce è un fulmine con lampadine che durante l'esibizione prenderà il ruolo di porta-tastiere della vecchia K che pure fa bella mostra di sé sul palco. Dopo una lunga preparazione i Killers salgono sul palco alle 22.20 accolti dall'entusiasmo del pubblico. La band inizia con Runaways, primo singolo di “Battle born”, per poi proseguire con altri diciassette brani (qui c'è la scaletta completa) che ripercorrono in maniera omogenea la loro carriera. Gli arrangiamenti che i Killers propongono in concerto sono analoghi a quelli dei dischi, con diversi effetti delle tastiere ad essere protagonisti insieme alle chitarre e alla voce di Brandon Flowers che guida il pubblico in coretti. I Killers propongono anche Miss atomic bomb dal nuovo disco. Poco dopo la metà del concerto il gruppo propone, con un po' di imbarazzo, la loro versione di Romeo and Juliet dei Dire Straits, sul finale Brandon con un sorriso spiega che era inevitabile farla dato che erano a Verona. Il cantante richiama più volte il pubblico all'attenzione sul chitarrista Dave Keuning che sembrava un po' su di giri...a volte molto rapito dalle spettacolari luci verdi che ondeggiavano sul gruppo. Appena la band scende dal palco parte il coro del pubblico per richiamarli sul palco, e dopo neanche un paio di minuti eccoli nuovamente per gli ultimi tre brani: Bones, Jenny was a friend of mine (il pezzo che mi è piaciuto di più del concerto) e When you were young. Sia pubblico che band si sono dimostrati soddisfatti della serata, coinvolgendosi a vicenda.
    Il concerto energico dei Killers è stata una degna conclusione per una giornata di festival che, nonostante la pioggia del tardo pomeriggio, ha visto il pubblico partecipare molto bene con tutti i gruppi. Mi ha fatto molto piacere sentire anche gruppi che conoscevo meno in mezzo ad un pubblico sempre coinvolto, anzi a volte anche troppo... come nel caso del ragazzo strafatto che girava prima dell'inizio del concerto dei Killers a urlare cose a caso o a vantare i suoi dialoghi con Mick Jagger.

    P.s: se vi capita di ascoltare il concerto dei Killers trasmesso in diretta da Radio Due avrete un bell'esempio di incompetenza musicale e di pochezza professionale: complimenti!
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