Vediamo
ora le caratteristiche principali del testo di Wilde e della
trasposizione operistica di Strauss.
Lo
scrittore irlandese ci mostra un'opera simbolica e dalla morale
ambigua: Salomè è per lui un'adolescente sopraffatta dalla sua
nascente sessualità contro cui non può fare nulla se non cedere.
Tutti i personaggi principali esprimono un parere su di lei e sulla
luna, spettatrice partecipe delle vicende con i suoi influssi. Già
dall'inizio le due vengono associate: ecco le battute con cui si apre
la tragedia:
Giovane
Siriaco: Com'è bella, questa sera, la principessa
Salomè!
Il
paggio d'Erodiade: Guarda la luna. La luna ha un
aspetto assai strano. Somiglia a una donna che sorga da un sepolcro.
Somiglia a una donna morta. E si direbbe che vada in cerca di morti.
Il
giovane siriaco: Ha l'aspetto assai strano. Somiglia
a una principessa che indossi un velo giallo e abbia i piedi
d'argento. Somiglia a una principessa che abbia i piedi come piccole
colombe bianche...si direbbe che danzi.
Le
frasi riferite alla luna sono figura delle vicende che vedranno
protagonista Salomè: il suo aspetto strano verrà notato anche da
Erode, insieme al suo pallore e la ragazza andrà effettivamente in
cerca di morti; avrà un velo e danzerà nello spettacolo che farà
per Erode. Non bisogna guardare troppo la luna perché altrimenti
farà sentire i suoi influssi malvagi, questo lo dicono diversi
personaggi, così come non bisogna guardare troppo Salomè. Sia il
giovane siriaco che Erode sono invaghiti in una maniera malsana della
ragazzina, il giovane siriaco si ucciderà in scena per lei, mentre
la perversione di Erode è la molla che sta dietro a tutta la
tragedia. Quando Salomè entra in scena è ancora innocente: sta
scappando dal banchetto in cui Erode continua a fissarla in una
maniera che a lei non piace, subito guarda la luna e commenta:
Salomè:
Com'è bello guardare la luna! Sembra una piccola moneta. Si
direbbe un piccolissimo fiore d'argento. È fredda ed è casta, la
luna... Io son sicura che è vergine. È bella come una vergine...
Sì, è vergine. Non si è mai contaminata. Non si è mai offerta
agli uomini, come le altre dee.
Anche
questa battuta è dal leggere come la precedente: un parallelo tra la
luna e la ragazza, solo che in questo caso qualcosa succederà subito
dopo: Salomè sente la voce del Battista e da qui si contaminerà,
seducendo (o provandoci) tre uomini: il giovane siriaco, il Battista
ed Erode. Ciò che colpisce la ragazza è proprio la voce di Giovanni
(anche nel Vangelo egli è identificato come voce di uno
che grida). Lei è rapita da
quest'uomo che non vede perché è prigioniero in una cisterna, ma
che sente urlare frasi inquietanti in tono profetico che tutti
interpretano come rivolte contro Erodiade: si innamora di un
trasgressore che insulta sua madre. Lei vuole vedere quest'uomo e,
quando riesce a farlo liberare, dopo aver convinto con la seduzione
il giovane siriaco, inizia a fargli mille complimenti. Qui si vede
l'immaturità istintiva di Salomè che non sa minimamente come
apprezzare il corpo di un uomo: inizia a lodare il suo corpo bianco
come l'avorio, i capelli sporchi e arricciati ma poi si rimangia i
complimenti; di una sola cosa alla fine è sicura: che gli piace la
sua bocca e che la vuole baciare.
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Illustrazione di Audrey Beardsley rappresentante Salomè con Giovanni |
Salomè:
[…] Io non amo i tuoi capelli... Ma è della tua bocca che sono
innamorata, Iokanaan. La tua bocca è come una striscia scarlatta su
una torre d'avorio. È come una melagrana tagliata da un coltello
d'avorio. I fiori di melograno che fioriscono nei giardini di Tiro, e
son più rossi delle rose, non sono altrettanto rossi. I rossi
squilli delle trombe, che annunciano l'arrivo dei re e incutono paura
al nemico, non sono altrettanto rossi. La tua bocca è più rossa dei
piedi di coloro che pestano l'uva nei tini. È più rossa dei piedi
delle colombe che abitano i templi e sono nutrite dai sacerdoti. È
più rossa dei piedi di colui che ritorna dalla foresta ove ha ucciso
un leone e ha visto le tigri dorate. La tua bocca è come un ramo di
corallo che i pescatori hanno trovato nel crepuscolo del mare e che
riservano per i re!... è come il cinabro che i Moabiti estraggono
dalle miniere di Moab, e di cui si impadroniscono i re. È come
l'arco del re dei Persiani che è dipinto col cinabro e ha le punte
di corallo. Nulla vi è al mondo che sia rosso come la tua
bocca...lasciami baciare la tua bocca.
Il
colore predominante adesso non è più il bianco verginale della luna
ma il rosso, è una metafora sessuale neanche tanto velata: Salomè è
entrata nella pubertà, da qui in avanti è una persona diversa, in
preda a una forza che prima non conosceva.
Appena
Erode entra in scena per cercare Salomè nota un cambiamento,
ovviamente nella luna:
Erode:
La luna ha un aspetto assai strano, questa sera. Non è vero che
la luna ha un aspetto assai strano? Si direbbe una donna isterica,
una donna isterica che vada in cerca di amanti in ogni luogo. Ed è
anche nuda. È completamente nuda. Le nuvole tentano di rivestirla,
ma essa non vuole. E vacilla attraverso le nuvole come una ubriaca...
sono sicuro che è in cerca di amanti. Non è vero che vacilla come
una ubriaca? Sembra una donna isterica, non è vero?
Nel
prosieguo dell'azione Erode inizia ad avvertire presagi nefasti prima
di chiedere a Salomè di ballare e giurare di soddisfare ogni sua
richiesta. Dopo la danza dei sette veli -che Erodiade cerca di
proibire- ecco la richiesta: la testa del Battista. Erode è
spaventato e crede che la ragazza abbia voluto acconsentire ad un
desiderio della madre (come è effettivamente nel racconto
evangelico), ma Salomè, comportandosi anche qui da adolescente,
risponde che la vuole per sé, per il suo piacere. Erode si sente
costretto ad acconsentire alla richiesta e Salomè può dunque avere
la testa del Battista da baciare. Dopo il monologo amoroso della
ragazza con la testa, Erode cade sempre più in preda al terrore e a
cattivi presagi, ecco la sua penultima di battuta di dialogo:
Erode:
[…] Non voglio guardare nulla. Non voglio che niente mi guardi.
Spegnete le torce. Nascondete la luna! Nascondete le stelle!
Nascondiamoci nel nostro palazzo, Erodiade. Comincio ad aver paura
L'ultima
battuta invece è anche quella che chiude la tragedia, rivolgendosi a
Salomè Erode esclama, “uccidete quella donna”, dopo di che i
soldati la uccidono con i loro scudi. Nel resto del testo Salomè non
era mai stata chiamata donna.
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