1. Piccola cronaca della serata: alle ore 19.48 mi accorgo grazie a Twitter che al Modena di Sampierdarena avrebbero suonato Manuel Agnelli e Xabier Iriondo, ancora in confusione chiamo Tiziana e tra le 19.55 e le 20.05 mangio quello che mi è possibile, parcheggiamo non troppo lontano dal teatro, prendiamo due biglietti (erano rimasti solo posti in piedi) in piedi e aspettiamo che inizino i concerti.
    Da queste prime righe già si capisce che la risposta dei genovesi è stata calorosa: un tutto esaurito realizzato con non so quali mezzi di comunicazione (internet? passaparola?) dal momento che non ho visto alcun manifesto in giro!
    Pochi minuti dopo le 21.00 iniziano i genovesi En Roco, che avevo già visto qualche anno fa al Goa Boa. Il loro pop-rock un po' in stile Belle and Sebastian ha come riferimento italiano i Baustelle senza tastiere e propone un bel lavoro di chitarre acustiche. I brani erano ben suonati e ben cantati, ma la presentazione dei brani e gli stessi testi non erano un gran che. Abbondavano frasi e immagini un po' troppo elaborate e supponenti.
    Pochi minuti dopo le 22 prendono posto sul palco Manuel e Xabier, uno a sinistra e uno a destra. Iriondo era uscito dagli Afterhours nel 2001, dopo la pubblicazione di Non è per sempre e del live Siam tre piccoli porcellin per rientrare nel gruppo un paio di anni fa per la lavorazione dell'ultimo lavoro, Padania. Vederli insieme è molto interessante, dal momento che dagli albori del gruppo hanno sempre modellato il suono degli After, cercando di bilanciare rumore e melodia. Inoltre Manuel nei mesi scorsi aveva dichiarato di voler fare qualcosa di diverso dai soliti concerti, dimostrando per l'ennesima volta che il progetto Afterhours va oltre la semplice musica cantata in italiano ma è un laboratorio di idee unico (purtroppo) nel nostro Paese.
    La loro esibizione è stato un alternarsi regolare di letture, supportate dai rumori di una chitarra modificata da Xabier che campionava i suoni per poi suonarci nuovamente sopra e canzoni della band. Il primo racconto letto era una storia di amore, follia, morte e angeli, argomenti sempre presenti nella fantasia di Manuel Agnelli. È seguita Simbiosi, dopo una lunga introduzione dei due chitarristi; dal momento che si era in un teatro il pubblico è rimasto sempre composto e attento ad ascoltare. Tra le letture successive c'è stato un racconto dedicato all'attentato a Borsellino, alla morte della sua scorta e alla vicenda dell'Agenda Rossa. Questi testi hanno il gusto per il particolare, come anche quelli dell'amico Emidio Clementi dei Massimo Volume, unito a un forte senso civico. Manuel sceglie anche dei testi da altri libri: una favola di Rodari, un brano di Steinbeck e altri due testi che non sono stati presentati. Per quello che riguarda le canzoni degli After, sono state proposte anche Pelle, Male di miele, Ci sono molti modi, Ballata per la mia piccola iena, Quello che non c'è, È solo febbre e nei due bis Voglio una pelle splendida e Padania. Le due chitarre nei vari pezzi sembrano suonate da due ragazzi che si divertono in una sala prove, con loro pregi (immediatezza, improvvisazioni nei passaggi che sul disco sono suonati da altri strumenti) e i loro difetti (tutte e due spesso fanno la stessa cosa).
    I protagonisti della serata si sono ritagliati anche un'esibizione a solo a testa all'insegna di suoni distanti dagli Afterhours: Xabier con un lungo brano per la sua chitarra modificata e altri rumori, con sovraincisioni, stridii e una gestualità che faceva parte della performance, e Manuel con una versione a volte titubante ma dal grande finale del Notturno op. 9 n. 2 di Chopin.
    Una serata veramente lodevole, un'operazione non banalee in una Genova che fatica a organizzare dei concerti.
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  2. Quando sento molta gente coinvolta in una manifestazione solitamente provo una certa curiosità. Così, quando ho visto su Facebook che un po' di persone che conosco avrebbero partecipato oggi a un flash mob organizzato in Piazza de Ferrari per ballare Gangnam Style di Psy, ho pensato di andare a dare uno sguardo. Il tormentone alla fine è meno fastidioso di tanta altra roba che infesta le radio e i cellulari di chiunque e il tizio mi sembra che non se la tiri neanche eccessivamente: insomma ero curioso di vedere che cosa sarebbe successo in centro. Immagino che per un adolescente essere protagonista di un evento che si costruisce grazie al passaparola sia un'esperienza significativa, ci si sente parte attiva di un qualcosa di cui tutti, almeno per qualche ora, parleranno.
    Già sul regionale verso Brignole c'erano diversi gruppi di giovani e giovanissimi diretti in centro e la folla che si muoveva verso piazza de Ferrari verso le 16.15 era consistente. Molti erano lì per vedere più che per ballare e ci ho messo un po' di tempo a capire da dove sarebbe partito il balletto. Qualcuno in realtà non aveva neanche ben capito cosa sarebbe successo, come la coppia vicino a me che pensava che il cantante coreano avrebbe fatto un mini concerto... Quando parte la musica non mi sembra che molte persone ballino, ma al ritornello si sente un boato di voci che testimonia la partecipazione.
    Genova per una volta è stata protagonista di un piccolo evento che ha preso piede grazie a internet, è molto poco ma è comunque qualcosa.
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  3. (Leggi la prima parte)
    (Leggi la seconda parte)
    Locandina della prima di Salomè,
    tenutasi a Dresda il 9 dicembre del 1905

    Nella sua Salomè Richard Strauss utilizza la musica soprattutto per sottolineare la psicologia dei personaggi e i loro stati d'animo. Nel fare questo è normale che una vicenda densa di simboli, perversione e istintività abbia molti cambi di tempo, parti ben poco melodiche e momenti invece di una più chiara cantabilità. Salomè in particolare ha continui cambiamenti di comportamento e di sentimenti dentro di sé, e così è la musica che accompagna i suoi dialoghi con gli altri personaggi. Le scene in cui Salomè cerca di sedurre Giovanni Battista sono un susseguirsi di leitmotiv (quello che accompagna l'amore di Salomè lo si sentirà anche nel finale), scatti di rabbia e dissonanze; la precedente seduzione del giovane siriaco era stata più semplice per la ragazza e la musica più dolce e senza scatti lo testimonia. Nel momento in cui entrano in scena Erode, Erodiade e gli ebrei che litigano di religione, la musica raggiunge momenti di vera confusione, addirittura in alcune occasioni i personaggi cantano uno addosso all'altro. Erode, dalla psiche turbata dal troppo vino e dal desiderio per la giovane Salomè, non può che essere accompagnato da una musica del genere. Strauss non sembra particolarmente interessato a trovare una musica interessante per la danza della ragazza, il critico Alex Ross nel suo monumentale Il resto è rumore, dice che la banale musica che accompagna la danza dei sette veli non è buona musica, ma è in fondo quello che piaceva sentire a Erode; Strauss dunque non è interessato all'esotismo che l'ambientazione della storia offriva, si interessa più ai turbamenti dei personaggi. Durante la richiesta della ricompensa di Salomè: ogni volta che la ragazza dice di volere la testa di Iokanaan, l'ultima sillaba del nome è sempre cantata in maniera disturbante e stonata, a testimonianza del capriccio di Salomè. Infine nel momento in cui Salomè parla con la testa prima di baciarla sentiamo ancora il tema dell'amore, quello stesso che era presentato durante il corteggiamento; per Strauss dunque anche questo è amore.
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  4. (Leggi la prima parte)


    Vediamo ora le caratteristiche principali del testo di Wilde e della trasposizione operistica di Strauss.
    Lo scrittore irlandese ci mostra un'opera simbolica e dalla morale ambigua: Salomè è per lui un'adolescente sopraffatta dalla sua nascente sessualità contro cui non può fare nulla se non cedere. Tutti i personaggi principali esprimono un parere su di lei e sulla luna, spettatrice partecipe delle vicende con i suoi influssi. Già dall'inizio le due vengono associate: ecco le battute con cui si apre la tragedia:

    Giovane Siriaco: Com'è bella, questa sera, la principessa Salomè!

    Il paggio d'Erodiade: Guarda la luna. La luna ha un aspetto assai strano. Somiglia a una donna che sorga da un sepolcro. Somiglia a una donna morta. E si direbbe che vada in cerca di morti.

    Il giovane siriaco: Ha l'aspetto assai strano. Somiglia a una principessa che indossi un velo giallo e abbia i piedi d'argento. Somiglia a una principessa che abbia i piedi come piccole colombe bianche...si direbbe che danzi.

    Le frasi riferite alla luna sono figura delle vicende che vedranno protagonista Salomè: il suo aspetto strano verrà notato anche da Erode, insieme al suo pallore e la ragazza andrà effettivamente in cerca di morti; avrà un velo e danzerà nello spettacolo che farà per Erode. Non bisogna guardare troppo la luna perché altrimenti farà sentire i suoi influssi malvagi, questo lo dicono diversi personaggi, così come non bisogna guardare troppo Salomè. Sia il giovane siriaco che Erode sono invaghiti in una maniera malsana della ragazzina, il giovane siriaco si ucciderà in scena per lei, mentre la perversione di Erode è la molla che sta dietro a tutta la tragedia. Quando Salomè entra in scena è ancora innocente: sta scappando dal banchetto in cui Erode continua a fissarla in una maniera che a lei non piace, subito guarda la luna e commenta:

    Salomè: Com'è bello guardare la luna! Sembra una piccola moneta. Si direbbe un piccolissimo fiore d'argento. È fredda ed è casta, la luna... Io son sicura che è vergine. È bella come una vergine... Sì, è vergine. Non si è mai contaminata. Non si è mai offerta agli uomini, come le altre dee.

    Anche questa battuta è dal leggere come la precedente: un parallelo tra la luna e la ragazza, solo che in questo caso qualcosa succederà subito dopo: Salomè sente la voce del Battista e da qui si contaminerà, seducendo (o provandoci) tre uomini: il giovane siriaco, il Battista ed Erode. Ciò che colpisce la ragazza è proprio la voce di Giovanni (anche nel Vangelo egli è identificato come voce di uno che grida). Lei è rapita da quest'uomo che non vede perché è prigioniero in una cisterna, ma che sente urlare frasi inquietanti in tono profetico che tutti interpretano come rivolte contro Erodiade: si innamora di un trasgressore che insulta sua madre. Lei vuole vedere quest'uomo e, quando riesce a farlo liberare, dopo aver convinto con la seduzione il giovane siriaco, inizia a fargli mille complimenti. Qui si vede l'immaturità istintiva di Salomè che non sa minimamente come apprezzare il corpo di un uomo: inizia a lodare il suo corpo bianco come l'avorio, i capelli sporchi e arricciati ma poi si rimangia i complimenti; di una sola cosa alla fine è sicura: che gli piace la sua bocca e che la vuole baciare.

    Illustrazione di Audrey Beardsley
    rappresentante Salomè con Giovanni
    Salomè: […] Io non amo i tuoi capelli... Ma è della tua bocca che sono innamorata, Iokanaan. La tua bocca è come una striscia scarlatta su una torre d'avorio. È come una melagrana tagliata da un coltello d'avorio. I fiori di melograno che fioriscono nei giardini di Tiro, e son più rossi delle rose, non sono altrettanto rossi. I rossi squilli delle trombe, che annunciano l'arrivo dei re e incutono paura al nemico, non sono altrettanto rossi. La tua bocca è più rossa dei piedi di coloro che pestano l'uva nei tini. È più rossa dei piedi delle colombe che abitano i templi e sono nutrite dai sacerdoti. È più rossa dei piedi di colui che ritorna dalla foresta ove ha ucciso un leone e ha visto le tigri dorate. La tua bocca è come un ramo di corallo che i pescatori hanno trovato nel crepuscolo del mare e che riservano per i re!... è come il cinabro che i Moabiti estraggono dalle miniere di Moab, e di cui si impadroniscono i re. È come l'arco del re dei Persiani che è dipinto col cinabro e ha le punte di corallo. Nulla vi è al mondo che sia rosso come la tua bocca...lasciami baciare la tua bocca.

    Il colore predominante adesso non è più il bianco verginale della luna ma il rosso, è una metafora sessuale neanche tanto velata: Salomè è entrata nella pubertà, da qui in avanti è una persona diversa, in preda a una forza che prima non conosceva.
    Appena Erode entra in scena per cercare Salomè nota un cambiamento, ovviamente nella luna:

    Erode: La luna ha un aspetto assai strano, questa sera. Non è vero che la luna ha un aspetto assai strano? Si direbbe una donna isterica, una donna isterica che vada in cerca di amanti in ogni luogo. Ed è anche nuda. È completamente nuda. Le nuvole tentano di rivestirla, ma essa non vuole. E vacilla attraverso le nuvole come una ubriaca... sono sicuro che è in cerca di amanti. Non è vero che vacilla come una ubriaca? Sembra una donna isterica, non è vero?

    Nel prosieguo dell'azione Erode inizia ad avvertire presagi nefasti prima di chiedere a Salomè di ballare e giurare di soddisfare ogni sua richiesta. Dopo la danza dei sette veli -che Erodiade cerca di proibire- ecco la richiesta: la testa del Battista. Erode è spaventato e crede che la ragazza abbia voluto acconsentire ad un desiderio della madre (come è effettivamente nel racconto evangelico), ma Salomè, comportandosi anche qui da adolescente, risponde che la vuole per sé, per il suo piacere. Erode si sente costretto ad acconsentire alla richiesta e Salomè può dunque avere la testa del Battista da baciare. Dopo il monologo amoroso della ragazza con la testa, Erode cade sempre più in preda al terrore e a cattivi presagi, ecco la sua penultima di battuta di dialogo:

    Erode: […] Non voglio guardare nulla. Non voglio che niente mi guardi. Spegnete le torce. Nascondete la luna! Nascondete le stelle! Nascondiamoci nel nostro palazzo, Erodiade. Comincio ad aver paura
    L'ultima battuta invece è anche quella che chiude la tragedia, rivolgendosi a Salomè Erode esclama, “uccidete quella donna”, dopo di che i soldati la uccidono con i loro scudi. Nel resto del testo Salomè non era mai stata chiamata donna.
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  5. La traduzione
    inglese della Salomè  di Wilde,
    lo scrittore infatti l'aveva
    dapprima pubblicata in francese

    La gente di cultura dell'Europa a cavallo tra '800 e '900 respirava un clima cosmopolita in cui le culture nazionali partecipavano a definire un gusto europeo raffinato: l'esotico proveniente dal vicino Oriente, dall'Africa o dal Giappone era conosciuto grazie a ciò che arrivava dalle colonie francesi, inglesi o grazie ai mercanti, la musica di riferimento era quella austriaca (il Classicismo, i Valzer o la nascente “Seconda scuola di Vienna”), la pittura quella francese mentre in letteratura le innovazioni dei Simbolisti facevano il giro del continente.
    In questo clima è significativa la vicenda della Salomè, tragedia in un atto scritta da Oscar Wilde messa in scena a Parigi in 12 febbraio del 1896 e mai rappresentata sul suolo inglese durante la vita dell'autore a causa di un divieto nei confronti delle opere teatrali che avessero come protagonisti personaggi biblici. 
    Manifesto per una rappresentazione
    della Salomè di Strauss
    Nel 1905 il compositore tedesco Richard Strauss mette in scena un'opera, su libretto di Edwig Lachmann che aveva tradotto in tedesco il testo di Wilde: il pubblico è scandalizzato dalla performance ma, caratteristica tipica delle forme di intrattenimento contemporanee, questo scandalo porta un grande successo all'opera su tutto il suolo europeo. Il collega e amico Gustav Mahler non è pronto a questo tipo di successo e si stupisce che il pubblico abbia reagito con entusiasmo ad un opera di rottura, così scandalosa e innovativa dal punto di vista musicale mentre l'imperatore Guglielmo II prende le distanze dalla Salomè.
    La trama di questa Salomè si prende alcune libertà rispetto a ciò che è riportato nei Vangeli: il re Erode è invaghito di Salomè, giovane figlia della moglie Erodiade. La ragazza si innamora di Giovanni Battista (chiamato Iokanaan), prigioniero di Erode, e non essendo riuscita a conquistarlo decide di cedere alle continue richieste di Erode e di ballare per lui per avere in cambio la testa del Battista da baciare. Nel testo evangelico è Erodiade a fare chiedere alla figlia la testa del profeta, mentre Salomè non viene neanche nominata e non è che una pedina della vicenda.

    (Vai alla seconda parte)
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  6. Cristo si è fermato a Eboli è il memoriale in forma narrativa degli anni che il pittore Carlo Levi ha passato al confino nel paesino lucano di Agliano, chiamato Gagliano nel libro. Levi racconta le sue vicende all'interno di un paese in cui pesa molto la mentalità piccolo-borghese fatta di ripicche e giochi di potere tra i potenti del luogo. Chi ha il potere cerca di tenerlo nonostante l'incompetenza (i medici), screditando i concorrenti (come don Trajella o i delittuosi intrighi della farmacista) e tutto questo succede nella più completa miseria, in mezzo a luoghi malarici e con la più assoluta lontananza dello Stato. Levi analizza quella che è poi la questione meridionale con un senso di vicinanza nei confronti dei contadini, comprende totalmente il loro punto di vista nei confronti delle autorità costituite: lo Stato non c'è e se c'è non è presente per risolvere i problemi, ma solo per crearne di nuovi. I contadini sono parte di un mondo altro e lontano dalla civiltà: anche coloro che erano stati in America, appena tornati nel paese, ritornano alla condizione in cui vivevano prima. Questa è una società che vive di contrasti che tuttavia convivono tranquillamente in un equilibrio tutto loro: Levi, negli anni di confino, svolge anche l'attività di medico in seguito alle insistenze dei poveri che si rendono conto delle sue competenze (aveva studiato Medicina, nonostante non avesse mai operato la professione); però ogni persona ha degli amuleti e accompagna le cure del medico con la loro medicina magica fatta di formule misteriose e di rituali che le "streghe" del paese conoscono bene. Tuttavia nel momento in cui gli viene revocata la condanna e Levi può tornare a Torino, i contadini si lamentano contro lo Stato che, come ulteriore beffa, ha tolto loro l'unica persona che teneva alle loro esigenze.
    In questo mondo la Storia riesce ad entrare poco; ci sono le adunate convocate per obbligo dal podestà don Luigino, ma la guerra di Etiopia riesce a fare arruolare un solo paesano e le opere di bonifica del Regime non arrivano nelle terre malsane della Lucania. Mi sembra significativo che, narrando questo mondo senza tempo e senza Storia, gli unici grandi cambiamenti del paese, come l'arrivo della primavera con il suo strano verde o quello di don Pietro Liguari che vuole riportare il cristianesimo nel paese, si verifichino di botto durante l'assenza di pochi giorni di Levi dal paese: Gagliano, pietrificata in una condizione di miseria fuori dal tempo, non poteva mostrare in maniera esplicita segni di cambiamento, è necessario allontanarsi e trovarli già compiuti, quasi in maniera magica. I fatti della Storia, che avevano trascinato Levi in Lucania per attività antifascista, ricompaiono con la presa di Addis Abeba per riportarlo fuori da quel mondo: il regime infatti per celebrare la presa della città etiope concesse a quasi tutti i confinati la grazia di ritornare nelle loro città.
    Uscito nel 1945, Cristo si è fermato a Eboli è una lettura importantissima e piacevole per guardare con umiltà a un'Italia dolorante ma viva, che non può permettersi neanche oggi di giudicare con superiorità chi vive in condizioni di povertà. Bisogna ricordare che quelle situazioni di estremo disagio (bambini con le mosche in faccia e le facce gonfie, mancanza di istruzione, mentalità magica) che oggi noi colleghiamo a Paesi  lontani o agli immigrati che vivono in quartieri disagiati, non troppo tempo fa erano la normalità per molti abitanti della nostra Italia
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