Con
Frankenweenie Tim Burton ha saputo costruire un film per nulla
scontato, riscrivendo con la sua personalità il mito moderno più
riletto dal mondo del cinema: quello dello scienziato che riporta in
vita un corpo morto.
Il film è un remake
dell'omonimo corto di Burton del 1984 ed è girato con la tecnica
dello stop-motion. Già dall'inizio della pellicola si vede come Tim
Burton ami giocare con il linguaggio cinematografico: la famiglia di
Victor guarda il film prodotto con mezzi artigianali dal bambino con
degli occhiali per il 3D. Il gioco dei rimandi al mondo del cinema
prosegue per tutto il film: dalla scena della resurrezione di Sparky,
al mostro in stile Gozilla che sfugge di mano al bambino (non a caso)
giapponese, fino all'attacco delle scimmie di mare che riprende
letteralmente uno degli attacchi degli Uccelli
di Hitchcock.
Il
corto del 1984 è la base di partenza per questo film, per
triplicarne la durata Burton ha aggiunto le resurrezioni degli
animali dei compagni di classe di Victor e i disastri che ne
conseguono; ma non si è trattato solo di una semplice ripresa di un
vecchio progetto, allungata tanto per farlo durare di più, il
regista ha aggiunto altre tematiche care a lui: come la mostruosità
di molti esseri umani (i compagni di classe di Victor), una buona
dose di cinismo e faccia tosta (il discorso del maestro di scienza
all'assemblea cittadina è degno di Willie Wonka) e una buonissima
dose di disagio (l'aggettivo weenie, che nel titolo integra il
cognome del protagonista Frankesntein, significa sfigato). In tutto
questo scenario però, come in ogni buon film della Disney, è
l'amore che trionfa.
Ecco il corto del 1984
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