
Bando alle ciance direi a
questo punto, anche se non dovevano pensarla così gli Endgame?
che se la prendono con calma sul
palco mentre le luci sono ancora accese e si comportano per cinque
minuti come se fossero in sala prove. Poi si spengono le luci e
attaccano con un post punk alla Joy Division: apprezzabile! Tra una
golata di birra e un sorso di cocktail, gli Endgame? snocciolano
cinque o sei brani per una ventina di minuti.
Un
quarto d'ora abbondante per smontare gli strumenti e risistemare il
tutto ed ecco che salgono i pisani Chambers.
È tutto un altro modo di stare sul palco: ogni membro del gruppo
lancia al pubblico alcune bocce di plastica vuota, per farsele
rilanciare, durante l'esibizione tutti saltano, si contorcono, si
esaltano. Non vorrei smarronare citando i titoli dei pezzi che hanno
suonato: andando sul sicuro dico solo che hanno fatto Chiuso
per ferie.
I loro brani sono intensi, cambiano il ritmo in maniera precisa, sono
potenti e coinvolgenti. Con molto campanilismo il gruppo di Pisa
manda un sonoro vaffanculo alla repubblica marinara di Genova, molto
punk-storico.
I
Gazebo Penguins
preparano i loro due microfoni (tutti i brani sono cantati coralmente
dal bassista e dal cantante/chitarrista Capra) ed ecco che anche in
questo caso dopo una lunga manciata di minuti la musica riprende:
Casa dei miei
è un inizio bello peso. La canzone, come anche il resto dei brani
tratti da Raudo, è un po' più veloce che sul disco, questa formula
funziona alla perfezione su ogni pezzo a parte che su Ogni
scelta è in perdita,
il mio brano preferito che lo si gode meglio sul disco con il suo
incedere ansiogeno. Il gruppo di Correggio suona quasi tutto il nuovo
lavoro a parte Non morirò; inoltre propone il suo vecchio
repertorio, da Nevica
a Cinghiale
o Il tram delle 6
per concludere nel modo migliore per un concerto in cui il pubblico
ha interagito facendo stage diving, pogando, urlando e cantando e lo
stesso Capra si è buttato di schiena sul pubblico per suonarsi un
bel pezzo di chitarra: per Senza
di te
uno dei due microfoni viene girato verso il pubblico delle prime
file, che se ne appropria alla grande. Gran concerto, non c'è che
dire!
Altro
cambio palco, anche se per molti di noi potrebbe già andare bene
così. Uno schermo lampeggiante acceso dietro a delle percussioni
mette a dura prova la nostra vista e il sistema nervoso è tentato di
scatenare un attacco di epilessia: due tizi truccati e imparruccati
salgono per ballare e dare qualche colpo alle percussioni sul ritmo
di una base tribale: sono i Ninos
du Brasil.
Tra qualche problema tecnico vanno avanti per un bel po', mentre
alcuni tra il pubblico ballano come se fossero in un locale
latino-americano. Dato che ho studiato il latino e non mi vergongno,
concludo qui la cronaca della loro esibizione con un saggio De
gustibus non disputandum est.
Il
ritorno alla macchina è facile: dopo aver preso una strada a caso ci
ritroviamo ben vicini al parcheggio, scartata così l'opzione
funicolare in discesa!
Aggiungi un commento