1. Il 12 giugno è stata una delle prime vere giornate estive, e l'erba dell'Ippodromo del Galoppo di San Siro è stato un posto piacevole per non morire di caldo ascoltando i concerti degli Stereophonics e dei Killers
    I cancelli dell'Ippodromo si sono aperti con qualche minuto di ritardo, ma in fondo è stata solo una piccola colpa! Siamo passati indifferenti di fronte ai tanti stand che cercavano di attrarre il pubblico e dopo un centinaio di metri eccoci nella vera e propria zona concerto, quasi sotto al palco senza troppa fatica. Ottimo!
    Gli Stereophonic iniziano puntuali alle 20.20; il pubblico non è qui per loro e si sente non tanto dall'accoglienza educata ma dal fatto che quasi nessuno conosceva i brani che non erano stati singoli... A noi italiani però piace fare bella figura con i cantanti di turno, per cui ogni volta che veniva chiesto di alzare o battere le mani ecco lì che educatamente lo si faceva, anche se solo per qualche decina di secondi. L'inizio del loro concerto è stato appassionante, Catacomb è carica e fa saltare tutti, così come Local boy in the photograph, che è la canzone che aspettavo: fenomenale! Poi però il ritmo cala, si susseguono canzoncine da ascoltare, non proprio coinvolgenti. Il pubblico sa cosa fare su Have a nice day perchè guarda molta pubblicità, ma ci sono stati pochi altri bei momenti; diciamo però che i gallesi ci salutano bene, perché la conclusiva Dakota è ben accolta dal pubblico e ben suonata da loro: con un bel finalone strumentale.
    Poi è la volta dei Killers.
    Già la preparazione del palco è un momento di spettacolo, chi è già stato ai loro concerti o ne ha visto dei video (cioè tutti quelli che erano davanti al palco e immagino un buon 99% del restante pubblico) sa che verranno montate molte luci, dei rinforzi da mettere sui monitor degli strumenti per consentire a Brandon Flowers di salirci e soprattutto, sa che arriverà la tastiera a forma di saetta. Quando questa viene portata sul palco, il pubblico scatta in un'ovazione, preparata dai tecnici con un breve conto alla rovescia. Anche questo fa parte dello spettacolo.

    La band sale sul palco alla grande, con una Mr. Brightside cantata da tutti. Non sto qui a elencare tutti i brani in scaletta, ma i momenti energici e quelli più rilassati si sono alternati molto bene: il gruppo sa come intrattenere chi lo ascolta; Brandon Flowers fa partire cori, lancia occhiate sornione ma il pubblico gli ruba il mestiere sulla cover di Shadowplay, costringendolo con i suoi “oh oh oh, oh oh oh ohoh” a rifare più volte il giro di tastiera per poi riprendere a cantare la strofa. Per quanto i coretti siano la cosa che mi piace di meno di un concerto dei Killers, devo dire che in quest'occasione hanno ottenuto un bel risultato! Si sa che la band del Nevada omaggia il Paese che la ospita con una cover scelta per l'occasione; e così, come la sera prima a Roma, i Killers suonano la versione di Volare swingante di Dean Martin che il pubblico apprezza e stracanta. Un altro grande momento è stata l'esecuzione voce e pianoforte della prima strofa e ritornello di Human a cui attaccare una Here with me dalla doppia anima: prima tranquilla e poi più carica con l'ingresso degli altri strumenti. Non ripercorro ogni momento dell'ora e mezza di concerto, ma riassumo solo dicendo che è stata una gran serata!
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  2. Arriviamo al Buridda verso le 23, con un po' di progetti interessanti nella testa e dopo un inaspettato viaggio in funicolare che ci ha risparmiato un'altrettanto inaspettata scarpinata in salita (piazza Portello non è via Bertani, ok...). Nessuno di noi è particolarmente pratico di centri sociali, laboratori occupati e cose del genere, ma la confidenza con la facoltà di lettere e coi cessi delle scuole non mi fa sentire proprio spaesato...
    Bando alle ciance direi a questo punto, anche se non dovevano pensarla così gli Endgame? che se la prendono con calma sul palco mentre le luci sono ancora accese e si comportano per cinque minuti come se fossero in sala prove. Poi si spengono le luci e attaccano con un post punk alla Joy Division: apprezzabile! Tra una golata di birra e un sorso di cocktail, gli Endgame? snocciolano cinque o sei brani per una ventina di minuti.
    Un quarto d'ora abbondante per smontare gli strumenti e risistemare il tutto ed ecco che salgono i pisani Chambers. È tutto un altro modo di stare sul palco: ogni membro del gruppo lancia al pubblico alcune bocce di plastica vuota, per farsele rilanciare, durante l'esibizione tutti saltano, si contorcono, si esaltano. Non vorrei smarronare citando i titoli dei pezzi che hanno suonato: andando sul sicuro dico solo che hanno fatto Chiuso per ferie. I loro brani sono intensi, cambiano il ritmo in maniera precisa, sono potenti e coinvolgenti. Con molto campanilismo il gruppo di Pisa manda un sonoro vaffanculo alla repubblica marinara di Genova, molto punk-storico.
    I Gazebo Penguins preparano i loro due microfoni (tutti i brani sono cantati coralmente dal bassista e dal cantante/chitarrista Capra) ed ecco che anche in questo caso dopo una lunga manciata di minuti la musica riprende: Casa dei miei è un inizio bello peso. La canzone, come anche il resto dei brani tratti da Raudo, è un po' più veloce che sul disco, questa formula funziona alla perfezione su ogni pezzo a parte che su Ogni scelta è in perdita, il mio brano preferito che lo si gode meglio sul disco con il suo incedere ansiogeno. Il gruppo di Correggio suona quasi tutto il nuovo lavoro a parte Non morirò; inoltre propone il suo vecchio repertorio, da Nevica a Cinghiale o Il tram delle 6 per concludere nel modo migliore per un concerto in cui il pubblico ha interagito facendo stage diving, pogando, urlando e cantando e lo stesso Capra si è buttato di schiena sul pubblico per suonarsi un bel pezzo di chitarra: per Senza di te uno dei due microfoni viene girato verso il pubblico delle prime file, che se ne appropria alla grande. Gran concerto, non c'è che dire!
    Altro cambio palco, anche se per molti di noi potrebbe già andare bene così. Uno schermo lampeggiante acceso dietro a delle percussioni mette a dura prova la nostra vista e il sistema nervoso è tentato di scatenare un attacco di epilessia: due tizi truccati e imparruccati salgono per ballare e dare qualche colpo alle percussioni sul ritmo di una base tribale: sono i Ninos du Brasil. Tra qualche problema tecnico vanno avanti per un bel po', mentre alcuni tra il pubblico ballano come se fossero in un locale latino-americano. Dato che ho studiato il latino e non mi vergongno, concludo qui la cronaca della loro esibizione con un saggio De gustibus non disputandum est.

    Il ritorno alla macchina è facile: dopo aver preso una strada a caso ci ritroviamo ben vicini al parcheggio, scartata così l'opzione funicolare in discesa!
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