1. Il "film di guerra" è forse il genere che in più di un secolo di cinema è cambiato, questo perché è inevitabilmente legato alle ideologie di un'epoca e di chi produce, scrive e dirige il film. Non starò qui a fare una lezione di storia del cinema, però nel consigliare la visione di questo bel film del regista/produttore/attore americano Grant Heslov, due parole sul passato devono essere spese perché è il film stesso, con i suoi continui richiami agli anni degli hippie e all'attualità a richiederlo.
    Anche qui, come in "Berretti verdi" e in "Full metal jacket" il protagonista è un giornalista (avevo detto che non avrei fatto lezioni di cinema, ma se volete divertirvi a vedere il ruolo del giornalista in tutti e tre i film fatelo, sarà un'ottima analisi!); il film è poi totalmente figlio della nostra epoca (non vorrei usare troppo spesso nei miei post la parola postmoderno...fate conto che non l'abbia scritta), dove ironia e discorso serio si mischiano per bene. Fino a quanto Lyn è un folle? Fino a quanto Bill è un fattone? E l'odioso Larry, non è forse il più realista di tutti? Usciamo poi dalla finzione del film perché, come ci avvertono i titoli di testa, in questo film c'è molta più verità di quello che ci possiamo aspettare: è vero che gli eserciti hanno sempre cercato la creazione del supersoldato che possa usare i suoi poteri psichici (la sceneggiatura ha costruito una storia partendo proprio da un reportage che descrive questi progetti segreti), ma quanto sono stati effettivamente portati a termine? Quanto è lo spazio lasciato all'iniziativa di militari un po' strani e quanto è invece frutto di una nuova strategia?
    Ovviamente potete anche godervi il film senza tutte queste domande, però se volete farvele (o farvene altre) ne avrete maggior beneficio.
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  2. Dietro alla comunicazione rivolta al grande pubblico spesso ci sono dei sottintesi o dei suggerimenti che si nascondono dietro al testo.
    Una notizia di telegiornale è un testo di cronaca un po' particolare. Giusto per chiarire le idee, la cronaca fa parte dei testi informativi, il suo scopo è cioè informare su cosa è successo, chi è implicato, quando, dove e come è successo e - se si sa - anche perché è successo. Una notizia di telegiornale è però anche qualcosa d'altro, spesso chi la scrive sente la necessità di aggiungere dei dettagli che possano coinvolgere emotivamente il pubblico, spesso ipotizzando sfortunate fatalità (è morto il giorno prima di andare in pensione, è successo proprio nel giorno in cui tre anni prima...) o suggerendo che persone che provengano da una certa area debbano avere determinati comportamenti (furti da parte degli zingari, violenza da albanesi, illegalità da meridionali) o viceversa stupendosi quando questi comportamenti non si verificano (salvato da un immigrato irregolare). 
    Negli ultimi giorni però ci sono state due notizie che, oltre a questo coinvolgimento emotivo, hanno rischiato di portare il telespettatore ad una interpretazione sbagliata del perché dei fatti, suggerendo interpretazioni:
    1) L'evasione di Gagliano di qualche giorno fa: il fratello dell'evaso ha sottolineato che lui si sarebbe particolarmente arrabbiato e quindi sarebbe scappato perché voleva passare il giorno di Natale dalla madre ma gli era appena stato comunicato che le ferie non gli sarebbero state accordate perché la responsabile doveva andare lei stessa in ferie e dunque non era possibile portare a termine la procedura. Di fronte a questa notizia viene naturale leggere un ulteriore caso in cui "per i privilegi di qualcuno c'è qualcun altro che ci rimette". Non dico che lo spettatore debba per forza avere simpatia per l'evaso, però il suggerimento c'è...
    2) Nella notte un ragazzino di 16 anni è stato investito da un treno perché ha attraversato i binari al posto che passare dal sottopasso di una stazione in cui lui, e i suoi amici, sono stati fatti scendere dal controllore in quanto senza biglietto. Detta così è abbastanza lineare. Ma il Tg1 delle 13,30 ha preferito seguire un altro ordine degli eventi: il controllore ha fatto scendere i ragazzi, uno dei quali è stato poi investito da un treno mentre attraversava i binari invece di passare, come i suoi compagni, dal sottopasso. Iniziare a raccontare dalla cacciata dal treno fa inevitabilmente e inconsciamente ricadere sul controllore la colpa dell'accaduto: in una notizia siamo portati a sentire per primi quei dettagli che spiegano l'accaduto e in questo caso, se non si voleva suggerire che il ragazzo sia morto perché costretto a scendere dal treno, semplicemente non si doveva dirlo.

    In questi due casi lo spettatore è costretto a riconsiderare le cause di ciò che è stato raccontato, a causa dell'emotività che è stata smossa, dandosi magari spiegazioni che non sono quelle corrette.

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  3. Per gli appassionati di musica i concerti alla radio californiana KCRW sono una garanzia di una buona performance, registrata bene e trasmessa senza interruzioni (come purtroppo succede nelle nostre radio...). Su alcuni siti si trovano ottimi bootleg degli artisti che si sono esibiti qui, con tanto di interviste rilassate, ma quelli sono lì a disposizione di tutti gratuitamente, mentre questa volta il live di Nick Cave e i suoi sempre cangianti Bad Seeds è in commercio. La scaletta del breve concerto non può ovviamente comprendere i singoli di maggior successo (mi fa rabbrividire scrivere una cosa del genere di Nick Cave... però effettivamente stilare una scaletta per un live è anche scegliere le canzoni che conosce il maggior numero di persone), e così Nick Cave sceglie ben 4 pezzi dell'ultimo Pushe the Sky away, mantenendo un arrangiamento quasi identico a quello dell'album (speravo in una più coinvolgente Higgs boson blues per essere sincero, forse avrebbe dovuto suonarla a metà concerto! Wide lovely eyes, Mermaids e Push the sky away rispettano le aspettative invece) mentre per il resto si è scelto il tono dimesso, colloquiale di The boatman's call e No more shall we part, da cui sono tratti rispettivamente4 pezzi (Far from me, People ain't no good e Into my arms, anche quest'ultima presente solo sul vinile) e 2 pezzi (And no more shall we part e, nella versione in vinile del disco,  God is in the house con tanto di cori da parte del pubblico). I 3 brani più vecchi del repertorio presenti qui riservano qualche sorpresa nell'arrangiamento: innanzitutto Stranger than kindness, meno rumorosa della versione in studio, poi una Mercy seat che si adatta benissimo al clima del disco (è questa la canzone che più è cambiata nei vari di Nick Cave, passando dalla violenza alla versione acustica per chitarre o, come qui, per piano) e la conclusiva Jack the Ripper, rumorosa e coinvolgente epilogo introdotto da un po' di clima affiatato da sala prove.
    Per riassumere, si tratta di un disco senza troppe sorprese, che ha come punto di forza una grossa coerenza stilistica, adatto per le serate invernali, insomma un piacevole ascolto ma non un capolavoro. Termino con una osservazione sull'editing del disco: si sente molto che tra un brano e l'altro ci sono stati tagli (interviste, forse altri brani), non è necessariamente un difetto ma fa tanto bootleg.
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  4. Negli ultimi giorni il tg1 delle 20.00 (non sarà stato l'unico, ma è quello che ho visto e che mi ha infastidito) si concentra molto sulla necessità di riconoscere i giusti marchi ai prodotti italiani della Coldiretti. Riconoscimento sacrosanto, ma purtroppo mi sembra che porti avanti un brutto stereotipo che in questo tempo di crisi e di tutti contro tutti non è proprio buono: ciò che è italiano è sano, ciò che non è italiano è marcio. Mi spaventa un po' tanto il fatto che in un momento socialmente difficile come quello di adesso si metta così tanta attenzione sulla pericolosità dei prodotti che vengono dall'estero, sottintendendo che se le cose vanno male in Italia e perché ci sono prodotti stranieri, prodotti che ci rovinano non solo l'economia ma anche la salute. Anche tanti servizi sui cinesi di Prato avevano questo tono di condanna allo straniero (nessuno fino ad ora si era accorto che i cinesi lavorano tanto e in maniera poco sicura? come mai gli era permesso?); addirittura si dedicano servizi a batteri che colpiscono le piante provenendo dall'Asia. 
    Distinguiamo i veri problemi! Può andare bene finché è la pubblicità a cercare di convincere il consumatore che l'italianità di un prodotto (anche non alimentare) sia di per sé un motivo per comprarlo, ma è un po' troppo quando anche l'informazione vuole semplificare i problemi attuali creando diffidenza in chi cerca di essere informato.
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