Costellazioni è un disco al cui interno le molte tematiche trattate si fondono andando oltre i limiti delle singoli canzoni: il viaggio, la fuga, il lavoro (o la sua mancanza), lo stare bene, il futuro, il sostenersi, lo stare male, la vita di provincia, la tecnologia, le preghiere, i social network, internet; in ogni canzone ci sono almeno due di questi argomenti. L'impressione, la piacevole impressione perchè questa non è una critica ma un'analisi per capire il valore del disco, è che i testi non siano stati scritti pensando ad una canzone alla volta, ma che Vasco Brondi abbia collezionato frasi, immagini, storie da distribuire poi in vari testi. Ad esempio il disco, pur non essendo per nulla religioso, usa il linguaggio della preghiera in diversi testi (sul finale di Le ragazze stanno bene, dove sembra quasi appiccicato in maniera posticcia, in I Sonic Youth o in Padre nostro dei satelliti che è proprio costruito come una preghiera), ma questo discorso può essere fatto per tutti gli altri temi nominati, per questo all'inizio della recensione ho scritto che le tematiche vanno oltre i limiti delle singole canzoni.
Brondi arricchisce i suoi testi decostruendo locuzioni, cioè modificando dei modi di dire ben consolidati (gli esempi sarebbero tanti, ne faccio uno solo da Ti vendi bene “in terra di santi, di poeti, di navigatori satellitari”. Il modo di procedere è così fatto: si fondono due espressioni per crearne una dal significato nuovo) oppure citando; il libretto segnala l'uso di versi di Alvaro Mutis in I destini generali e di Isabella Leardini e del fumettista Bastien Vives in 40 Km ma non segnala i prestiti da canzoni italiani inseriti qua e là: “poverissima patria”, “io cerco un centro di gravità almeno temporanea”, “eravamo quattro o cinque amici al bar”, “se ti tagliassero a pezzetti”, solo per citarne alcuni.
Ad una costruzione così elaborata dei testi corrisponde una ricchezza ed un grande eclettismo musicale, nuovo per Le luci della Centrale Elettrica che nei lavori precedenti erano fondamentalmente la chitarra di Vasco Brondi e quella di Giorgio Canali: in Costellazioni, arrangiato e prodotto con Federico Dragogna dei Ministri, Brondi utilizza anche altri strumenti, suonati dai “musicisti indipendenti che contano”, tra cui Rodrigo d'Erasmo ed Enrico Gabrielli. La prima parte del disco (diciamo fino all'ottava traccia, Ti vendi bene) suonerebbe bene anche con il solo arrangiamento acustica/elettrica, mentre nella seconda traccia gli arrangiamenti sono diversi e -a mio parere -non sempre convincenti. Ti vendi bene è un incrocio perfettamente riuscito tra Affinità e divergenze dei CCCP e La voce del padrone, se non fosse che siamo nel 2014 (metto tra parentesi questo mio commento: non mi piacciono i revival; spero che il suono futuro delle Luci non prenda una direzione di recupero e rielaborazione dei vecchi suoni), mentre più avanti si sentono echi dei Gipy Kings (Una cosa spirituale) o del Jovanotti di Ciao Mamma (Questo scontro tranquillo).

Senza dubbio questo è un album interessantissimo, eccezionale per i testi e interessante per la musica, divisa tra capolavori di melodia e sperimentazioni di suoni non sempre convincenti (ripeto apposta la parola convincente, non è che sono suoni usati male, è che proprio alcune cose le digerisco a fatica). Un disco dove la melodia riesce ad aumentare l'emotività che è sempre stata nelle corde di Vasco Brondi che qui canta pure, e canta anche bene! 
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Oramai è da un paio di anni almeno che i commenti sui blog sono drasticamente diminuiti, spariti quasi direi. Non parlo solo della mia esperienza personale di questo blog, è così un po' ovunque, basta provare a cercare in giro sulle varie piattaforme (blogspot, wordpress sono le più diffuse dopo la chiusura di splinder) e si vedrà che i commenti sono veramente pochissimi anche su blog frequentati. Ieri è uscito un articolo su Wired che prova a dare una risposta al perchè "i commenti dei blog siano morti". Le motivazioni date dall'autore (la frenesia sui social network; le tantissime piattaforme su cui si può scrivere di un argomento, il lettore si perde tra esse; la moderazione dei commenti rallenta il dibattito)  mi convincono fino ad un certo punto. Non che non siano veri, in particolare penso che l'abitudine a leggere contenuti brevi e a commentare in maniera sintetica come avviene su Facebook abbia forgiato il modo di approcciarsi ad internet dei nuovi utenti, educati a mettere un mi piace o ad insultare (questo è più da Youtube) piuttosto che a partecipare ad un dibattito. Però a questo punto l'articolo spiega perché la gente non segua in maniera fedele un blog, ma non perché una volta arrivato sul blog non lascia poi un commento. Credo sia una questione di educazione comunicativa, oggi si commenta chi si conosce (Facebook), non l'estraneo che mi dà informazioni utili; in questo cambiamento di modalità di comunicazione credo che siano responsabili anche le piattaforme stesse. Anni fa era facile che, cercando la recensione di un concerto ad esempio, ci si imbattesse in blog di altri utenti, li si commentasse e questi rispondessero al commento. Adesso vedo che invece molti arrivano sul mio blog trovando quello che cercavano, ma nessuno scrive un commento... All'interno dello stesso Splinder inoltre la home page dava la possibilità di ricercare su altri blog e rendeva facile andare a curiosare. Questo oggi non succede più.  Probabilmente si tratta di uno dei tanti cambiamenti legati alla comunicazione via internet, ma cerchiamo di analizzare per bene questo fenomeno.
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