Prendete l'adolescenza,  la religione,  l'educazione,  il senso di colpa,  il sesso,  la trasgressione,  la voglia di fare qualcosa di grande della propria vita, la depressione. Immaginate questi temi interessanti e stimolanti trattati come se non si avesse idea di cosa si stia parlando realmente ed eccovi di fronte a Emmaus, romanzo di Baricco.
Il protagonista,  che è anche la voce narrante, parla sempre con il "noi" (quasi fino al finale, di più non posso dire): maniera perfetta per veicolare  luoghi comuni di ogni tipo sui giovani cattolici protagonisti. Ogni tanto però lo scrittore dimostra di non saper bene dosare la informazioni sui personaggi.  Emblematico è il racconto delle "confessioni" della madre di Andre, dove prima e terza persona si alternano confuse. Lo spunto di interpretazione che il titolo offre, che si deduce dalla spiegazione dell'episodio evangelico data dal narratore, è una delle poche cose veramente riuscite del romanzo: ci si rende conto della verità di ciò che ci è successo solo dopo che abbiamo finito di farne esperienza.  La magia è però rovinata dall'incapacità di collegare gli episodi tra loro: la spiegazione non ha nulla a che fare con quanto detto prima nè con quanto detto dopo,  e questo accade più volte.

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