1. Attenzione, questa recensione contiene alcune anticipazioni sulla trama del libro

    Con Anna Niccolò Ammaniti torna a raccontare l'età che riesce ad analizzare con maggiore profondità: la preadolescenza. Ma la preadolescenza in questa storia è più di un contenitore temporale per i personaggi, è il limite stesso della loro esistenza. In una Sicilia del 2020 impazza oramai da quattro anni un misterioso virus che, diffusosi a partire dal Belgio, ha ucciso tutti i Grandi e pian piano uccide tutte le persone che entrano nella pubertà. I bambini protagonisti sono costretti ad arrangiarsi da sé, a vivere nei palazzi in sfacelo (ah, quanto è sempre piaciuta ad Ammaniti la decomposizione in tutte le sue forme!), a nutrirsi con confezioni di cibo vecchie almeno di quattro anni e a cercare di organizzarsi come meglio si può. Anna si ritrova a girare per la Sicilia perennemente alla presa con imprese da superare. Come in una fiaba deve allontanarsi da casa, andare alla ricerca di suo fratello Astor, che è più piccolo, viene rapito ma non vuole tornare. Poi c'è Pietro, che è una specie di aiutante che fa provare ad Anna un sentimento nuovo e alla fine, forse, c'è anche il mezzo magico. Il mio riferimento alla fiaba non è casuale -Anna stessa ne racconta con sue parole una importantissima per il folkore siciliano ad Astor, quella di Cola Pesce- perché è un genere antico, un genere che ci parla di una società diversa. Diverso è anche il mondo senza adulti e senza civiltà in cui vivono i personaggi, Non è un mondo più innocente o più selvaggio di quello in cui viviamo anche noi; ci sono bambini gentili, ingenui, che se ne approfittano come in ogni epoca. Soprattutto però è un mondo che ha bisogno di storie perché è tutto da inventare di nuovo, appunto un mondo bambino. Ed ecco allora che nascono miti e leggende. I contatti con il mondo passato sono pochi, è naturale allora che sia necessario avere qualcosa di nuovo in cui credere: i bambini in particolare creano delle leggende sul virus e sui modi per guarire. Molti credono che sia la figura mitica della Picciridduna l'unica a poter salvare chi ha già contratto la malattia. Lei abita in un ex hotel e lì si è formata una sorta di casta sacerdotale che si fa da tramite tra i bambini più grandi, quelli più a rischio, e la Picciridduna. Questo luogo è una sorta di santuario dove i bambini sono ammessi solo dopo aver lasciato qualcosa di prezioso. È il luogo della religione ufficializzata: motivo di legame per molti (è da qui che Astor non vuole andare via), di privilegi, di speranze ma anche di stordimento. Di notte vengono servite delle bevande a base di alcolici e sonniferi, che spesso aiutano i malati a passare all'altro mondo senza quasi accorgersene. In preda alla disperazione Anna cederà a questa bevanda e sperimenterà nella sbornia il sesso promiscuo e violento, da cui subito fuggirà. I miti, le storie di come funziona il mondo, non sono solo negativi e scollegati dal reale: Anna ha ereditato da sua madre Mariagrazia un quaderno con su scritto tutto quello che le serve sapere sul mondo e come affrontarlo, quaderno scritto pazientemente nel periodo della malattia di Mariagrazia. La morte è compagna di viaggio dei protagonisti, dalla primissima pagina, quando il lettore non ha ben chiare le coordinate di questo mondo nuovo, fino alla fine. Ammaniti non è un autore dal cuore d'oro e non risparmia sofferenze ai suoi personaggi, ma sa anche dare speranza, come ci insegna la storia del cane Salame, poi Manson e infine Coccolone.

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    Recensione di Anna (Niccolò Ammaniti) diVincenzo Federico è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
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