1. Da pochi giorni è uscita la mia prima raccolta di racconti,  si intitola Tracce di cambiamenti e ha dentro sette (beh, in realtà non sette, ma non sveliamo troppo!) racconti che raccontano storie comuni di gente normale. Detta così non è molto invitante, ma per me il racconto non deve per forza raccontare storie eccezionali di personaggi fuori dal comune. Anche Carver, Hemingway, Fenoglio facevano lo stesso  (con risultati di ben altro livello, ma non sottilizziamo!)
    I personaggi, i loro dialoghi e soprattutto l'ambientazione di questi testi sono i punti su cui ho messo maggiore attenzione, spero che si percepisca leggendo il libro. Molti racconti sono ambientati a Genova, uno in Calabria e poi c'è un po' di Milano qua e là; se la presenza di questi luoghi si sente mi piacerebbe considerare i miei testi come racconti geografici; credo che sia una bella definizione!
    Il titolo parla di cambiamenti, che investono tutti i personaggi e sono spesso positivi. A volte si tratta di piccole cose, di un modo diverso di percepire la realtà, di dare un peso a ciò che si è fatto e che si vive. Questi ultimi mesi sono stati per me di continuo cambiamento, ma la cosa curiosa è che in realtà molti racconti erano già stati scritti da tempo e anche per i nuovi le idee erano già abbastanza delineate. Ho scelto poi il titolo guardando all'insieme dei testi e ripensando a ciò che li accomuna.
    Spero che leggiate la raccolta, nella pagina Facebook dedicata troverete anche alcuni brevi estratti la trovate nelle principali librerie online (se mentre state leggendo è ancora dicembre 2016 allora è probabile che dobbiate aspettare qualche giorno prima che il libro sia realmente dispobile poichè sarà distribuita in maniera più capillare dal 4 gennaio,) ed è ordinabile in ogni libreria d'Italia.



    Qui di seguito aggiornerò anche la lista delle librerie nelle quali lo troverete in esposizione:
    Monza
    Feltrinelli (Via Italia 41, 20900 Monza MB) da metà gennaio

    Genova 
    Libridamare (Piazza Villa Giusti 1R, 16158 Genova Voltri GE)
    Feltrinelli (Via Ceccardi, 16121 Genova) da metà gennaio

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  2. Hotel è un termine francese usato spesso in luogo dell'italiano Albergo; non so se succeda lo stesso per voi, ma a me hotel dà più l'idea di turismo (...che non a caso è anche lei parola di origine francese).
    Ma per fare un discorso che tutti possano comprendere allo stesso modo devo lasciare da parte le sfumature personali, i miei ricordi legati ad hotel o alberghi o anche a ostelli e B&B. Oltretutto se non sapete per cosa sta la sigla B&B vi perdete il senso della mia frase precedente. Già, perché come già detto in mille maniere da altrettanti teorici, ciò che il lettore sa (la sua enciclopedia) influisce molto sulla sua comprensione di un testo.

    Totti esce dal campo.
    Primo Levi esce dal campo.
    L'agricoltore esce dal campo.

    Se sapete chi sono i soggetti delle tre proposizioni avete capito che si parla di tre diversi campi, se non lo sapete no.
    Con il caso di hotel è apparentemente più facile, perché non è una parola con più di un significato come campo. Però è una parola -come tutte le parole -a cui ognuno dà sfumature di significato diverse. Dire che una persona è in hotel significa evidentemente che una persona non è a casa e in questi giorni di continue scosse di terremoto questo fatto ce lo testimoniano le tante persone che non vogliono lasciare il loro paese per andare in hotel lontani (a volte ho sentito nei telegiornali la parola albergo, in realtà). Proprio perché l'hotel non è una casa e non dà la stessa esperienza di vita. Quando lo dice un abitante di una zona terremotata ci fidiamo solitamente di quello che dice, capiamo il suo attaccamento alla casa. Ma lo spettatore dei mass media o dei social media (se non sono parole della vostra enciclopedia: della tv, dei giornali e dei social network… se non fa parte della vostra enciclopedia neanche social network non ve lo posso spiegare, perché se non li usate non capireste dalla mia spiegazione, mi spiace!) a volte ha la memoria corta, almeno emotivamente parlando: provare nuove emozioni forti (empatia con i terremotati) può scacciare le vecchie emozioni forti (i clandestini che arrivano in Italia. Uso la parola nel suo significato legale di persone che arrivano senza permessi).

    Andrea andrà a vivere in un albergo (generico)
    Abdul andrà a vivere in un albergo (clandestino)
    Antonio, abitante di Norcia, andrà a vivere in un albergo (terremotato)

    Emotivamente vengono recepite allo stesso modo? Rimango solo sul piano linguistico e non faccio un discorso sociale o politico, e uso anche una parola che le persone che credono di usare bene internet utilizzano molto: analfabeta funzionale. Un analfabeta funzionale, o una persona dalla mente molto semplice solitamente ragiona solo con le sue sfumature personali di significato, quelle che sarebbero da evitare e, anche dopo che si è fatto travolgere dalle emozioni di cui parlavo sopra, lascia da parte il contesto in cui la parola è inserita. Un grave problema è quello di non riuscire ad uscire dalla propria esperienza personale con una parola, dal momento che le parole a volte hanno più di un significato e sempre hanno più di una sfumatura. Spesso dunque al sentire la parola hotel si applica l'equivalenza che noi facciamo con la nostra esperienza di turisti negli alberghi

    hotel= vacanza =trattamento da signori; piscina= vacanza= trattamento da signori; wi-fi= lusso

    Auguro a tutti quelli che vanno in un hotel di essere in vacanza e di essere trattati da signori, perché questa è l'esperienza che noi non terremotati e non clandestini ci aspettiamo da un albergo. Ma in realtà l'albergo è, come dice la Treccani: “La casa nella quale l'albergatore esercita la professione di dare alloggio e spesso fornire anche il vitto ai viaggiatori, contro una rimunerazione in denaro”, mentre anche Treccani è della mia stessa idea che hotel indichi una struttura più di lusso.
    Dove voglio arrivare: in un hotel o albergo si va per avere alloggio e vitto, dormire e mangiare. Il fatto che un hotel abbia delle altre strutture e offra nel suo catalogo altri servizi non significa che tutti ne usufruiranno; per rispondere alla domanda del titolo NO, non si tratta dello stesso hotel.
    Prima avevo detto che avrei fatto solo un discorso linguistico e non sociale e politico, e rischiando di superare i confini ritorno sul non riuscire ad uscire dalla propria esperienza personale con una parola; è pericoloso non capire che la stessa parola usata in situazioni diverse può fare riferimento a realtà diverse. E le persone che nei loro comportamenti non riescono ad andare oltre la propria esperienza e che mancano dunque di empatia sono brutte persone, spesso pericolose nel vero senso del termine.
    La persona dalla mente semplice crede che alla parola hotel sia automatico associato l'avere un trattamento a tot stelle, ma nel suo non-ragionamento trascura il fatto che non tutto sarà a disposizione e trascura la stagionalità di uso delle strutture alberghiere dei luoghi di mare che in inverno sarebbero comunque senza clienti; poi, ultima ma non ultima, voi la usereste una piscina a novembre?
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  3. Negli scorsi mesi ho colto l'occasione di pubblicare un libro di racconti. Per essere precisi prima ancora che l'occasione si presentasse avevo iniziato a pensare alcuni miei testi come raccolta, senza avere però una precisa idea di come utilizzarli. Poi quando ho letto che la Habanero Edizioni cercava nuovi titoli da pubblicare ho accelerato la scrittura di qualche racconto che avevo in mente: era un'occasione che non potevo perdere, specie adesso.
    Cosa cambierà in questo blog? Negli ultimi anni avevo iniziato a pubblicare più recensioni e riflessioni e meno racconti e questa sarà sempre di più la strada che prenderà. Uno spazio più estemporaneo, con testi brevi e magari mancando i racconti riuscirò anche a realizzare l'idea di mettere qui alcune proposte didattiche, analisi testuali o cose del genere. Boh, è l'inizio di una nuova avventura!
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  4. Albaro è un quartiere residenziale genovese, ricco di palazzi e ville private. Diciamo che è il più bene dei quartieri bene. 
    E un quartiere residenziale è un quartiere per residenti. Dietro questa apparente banalità si nascondono però buona parte delle caratteristiche di Albaro. Ciò significa in primo luogo che solo loro girano per il quartiere con uno scopo preciso, che nello specifico è raggiungere la loro abitazione. Provare ad allontanarsi dalle vie principali come via Albaro, via Nizza o via Boselli per entrare nelle traverse e guardare da vicino i bei palazzi è difficile, o meglio frustrante. Spesso ti troverai di fronte a strade chiuse o ad alti cancelli. Nel mio giro di ieri sono stato circa due orette a girovagare per il quartiere, cercando di percorrere strade che non avevo mai preso, ma l'esplorazione è andata male, frustrante scrivevo più sopra, ho visto poco che già non conoscessi e non sono riuscito a vedere meglio ciò che già avevo visto. In un caso addirittura ho intravisto solo un enorme giardino con alberi che nascondevano il palazzo. Questa però è la lezione di vita che il quartiere ti dà: non solo guardare e non toccare, ma a questo alto livello sociale neanche guardare è concesso. Spesso, come avviene in tante zone residenziali, non sai neanche i nomi degli inquilini, nascosti dietro semplici numeri o targhette vuote.
    Un buon punto di inizio, per amare ciò che il quartiere mostra è partire da piazza Leopardi, dietro la chiesa di San Francesco, è una bella piazza tranquilla e da lì partono alcune strade non cieche (come sono invece la maggior parte delle altre!).
    Senso di esclusione, ecco cosa mi sembra che prevalga, mi è venuto in mente mentre rileggevo tutte le espressioni che ho usato riguardo a vicoli ciechi, a strade chiuse. Esso lo si prova anche guardando quello che forse è il più meraviglioso tra i palazzi che si affacciano su via Albaro: villa Bombrini Saluzzo, un palazzo cinquecentesco con parco il cui edificio principale è definito Paradiso. Credo che sia l'ultimo grande palazzo rinascimentale in mano ai privati e non bene pubblico della città; si nasconde spaventato che la città possa inglobarlo.
    Per tutto ciò che ho detto fino ad ora, si può capire facilmente che per il quartiere non si aggirano molte persone, a parte i residenti (e ritorniamo all'niziale quartiere per residenti!): oltre che guardare i palazzi, o meglio ancora raggiungerli, non c'è praticamente altro motivo per girare il quartiere, se non forse fare un passo per vedere la libreria I Limoni, che comunque ha libri che si trovano ovunque, oppure per assaggiare i prodotti della pasticceria svizzera o tedesca; ma in ogni caso questi negozi sono nelle vie principali del quartiere, se si cerca di penetrare nelle altre strade per avvicinarsi alle ville e vedere più da vicino i bei palazzi, si viene espulsi dai cancelli e dai vicoli ciechi come si fosse un corpo estraneo.
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  5. Come al solito hai avuto fretta,
    e sei andata via troppo presto.
    E ora?

    Se fossi San Matteo inizierei con tutte le frasi,
    prese qua e là,
    che parlano di te.
    E invece mi ritrovo a qui, di fronte a segni di te in ogni essere vivente che ho attorno.
    In fondo,
    chi lo sa dove va l'anima subito dopo?
    E se tu fossi rimasta ancora un po' qui giù tra noi?
    Se girassi, come facevi prima, in cerca di conferme,
    per sapere che hai fatto bene, che puoi essere libera perché hai seminato bene?
    Li vedo i frutti, qua e là in ogni essere vivente che ho attorno.
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  6. Ho appena finito di leggere l'antologia La qualità dell'aria che in realtà è uscita nel 2004. Non l'avevo mai cercata, ma al momento mi incuriosiva leggere un'antologia di racconti italiani e poi la Minimum Fax è una casa editrice che fa scelte che di solito mi piacciono. Ho iniziato a leggere con le migliori intenzioni, nella speranza di trovare delle belle prove di narrativa eppure di piacevole non ho trovato poi molto. Troppi racconti hanno un tono didascalico-saggistico fastidioso, una lezioncina data al lettore che è parente di una cultura dell'impegno che però vedo molto vicina ad una cultura semplicemente professorale. Mi riferisco soprattutto a Io sarò Stato di Antonio Pascale o a Hanno arrestato i' Tuti con la tuta della teti sopra il tetto della Total di Elena Stancanelli che oltretutto non riesce a scegliere il tono per il proprio racconto che parte leggero e poi naufraga nel didascalico ma anche a La sitauzione di Ernesto Aloia. Il saggio si sposa con la narrativa? Era questa la scelta? Ci può stare, per l'amor del cielo, forse che già Manzoni non faceva lo stesso? Per non parlare di Borges! Ma qui non mi sembra una scelta vincente, tante delle “Storie di questo tempo” le avrei viste bene come reportages da rivista (Via Merulana reloaded e altri luoghi scritti di Roma o Le pietre di Mosca o ancora la passeggiata paesaggistica ma senza trama di La città bambina). Prima ho scritto che erano “troppi” i racconti di questo tipo, è un valore non quantitativo, mi correggerei dicendo “di troppo peso”, sembra che un racconto che vuole raccontare l'attualità debba essere per forza istruttivo nei confronti del lettore, dargli verità sul nostro passato che forse non conosce, magari a qualcuno piace questo tipo di letteratura, a me no. Riescono meglio a fare entrare la storia Millenovecentonovantadue e l'inverosimile Un muro di televisori. I racconti che invece mi hanno convinto sono stati l'iniziale Manuale per ragazze di successo di Paolo Cognetti in cui la storia è portata avanti dalle regole che fanno da titolo alle varie fasi e il fumetto Il maiale di Riccardo Falcinelli e Marta Poggi ma anche Il Budda delle anfetamine di Tommaso Pincio. Non sto qui a citare gli altri testi, questa non vuole essere una recensione puntuale di tutto il libro ma delle impressioni. Se lo consiglierei? Diciamo che c'è del buono qua e là, ora che sfoglio il volume ritorno anche a dare un occhio ai titoli che non ho citato esplicitamente e che comunque meritano di essere letti. Diciamo che sì dai, potete anche leggerlo La qualità dell'aria, che è poi un po' uno spaccato della nostra Italia con la sua capacità di deludere e di provare a galleggiare con idee più o meno buone.

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  7. Sottomissione di Michel Houellebecq è un romanzo distopico che ha saputo leggere il tempo presente, analizzarlo e proiettarlo in un futuro immediato (è ambientato nel 2022) con una grande capacità profetica. Uscito praticamente nei giorni della strage a Charlie Hebdo, mostra nella sua prima parte una Parigi una Francia in tensione tra l'estrema destra del Fronte Nazionale e il partito musulmano della Fratellanza Musulmana, mostra la violenza che esplode per la prima volta anche nella capitale e l'impotenza dei moderati. Ci troviamo alle porte delle elezioni presidenziali del 2022 e le violenze e gli scontri tra i militanti dei due principali partiti sono sempre più violenti. Quando poi i Fratelli Musulmani guidati da Mohammed Ben Abbes prendono il potere la situazione si placa. Cessano le violenze e piano piano si assiste ad una islamizzazione, ad una sottomissione all'Islam (termine che già di per sé significa sottomissione). Scenario inquietante e interessante da seguire, Hoellebecq ha letto bene i segni dei tempi, ma oltre a questo quadro sociale ben costruito il romanzo ha poco altro da offrire. È il primo libro dello scrittore francese che leggo e dunque non so se si tratta di una sua caratteristica (che comunque non mi piace) o se è semplicemente un grave difetto: il romanzo risulta solo cerebrale, solo concentrato su quest'unica buona idea ben sviluppata e affidata principalmente alle ricostruzioni dell'agente dei servizi segreti Tanneur. Per il resto l'autore non è interessato a costruirvi attorno una trama seria, tutti gli eventi che avvengono sono funzionali a questa idea (gli incontri con Tanneur sembrano orchestrati solo per concedergli la parola) e alla conversione finale all'Islam di Francois, il personaggio narratore. Lui è un donnaiolo che non riesce ad avere un rapporto duraturo, che vada oltre l'erotismo da sito porno ed è inoltre un professore universitario specializzato nell'autore decadente Huysmann, scrittore che dopo una vita dissoluta si convertirà al Cattolicesimo. E unendo queste due caratteristiche in maniera algebrica ecco che arriviamo alla logica conclusione del libro: Francois si converte alla nuova religione per potere così non solo sposarsi, ma esercitare la poligamia. Un po' poco direi e un po' troppo scoperto il gioco dei simbolismi, considerando che Huysmann e le donne sono praticamente gli unici altri motivi che ritornano nel libro.
    Hoellebecq non sceglie di mostrarci come l'islamizzazione abbia ripercussioni sulla Francia intera, fa bene a scegliere un ambiente ben preciso che è quello intellettuale delle università parigine (Sorbona e Parigi IV). Questo però accentua il carattere fastidiosamente intellettuale della sua scrittura, con uno snobismo che personalmente sopporto a mala pena.

    Cosa dire per concludere? Un libro che rimane solo sul piano dell'interessante, un bel romanzo è un'altra cosa.
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  8. In fondo al molo dell'Acquario ci sono alcune chiatte galleggianti con delle panchine. Non è comodo sedersi lì, e non lo è nemmeno stare in piedi perché continuano a cigolare e a beccheggiare leggermente. Danno la spiazzante sensazione di essersi alzati da tavola dopo un bicchiere di troppo, la testa e lo stomaco non sono a proprio agio qui sopra. Dall'ingresso del Porto Antico fino a questo punto ci vogliono cinque minuti, durante i quali non si vede nulla di speciale. Arrivare fino a qui è una sorta di pellegrinaggio, un cammino che ha come suo fine l'arrivo in un luogo importante. E infatti una volta qui si può godere una delle più belle viste di Genova. Si è proprio nel mezzo dell'acqua del Porto Antico e ad ogni orario trovate persone che guardano la città con un po' di mal di mare.
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  9. Il quartiere del Cep, sulle alture tra Voltri e Pra', non è certo un quartiere bello da vedere nel senso classico del termine, né è facile viverci per la quasi completa mancanza di servizi e per i tantissimi problemi legati alla cattiva gestione degli appartamenti (sfitti o dati male in assegnazione). Ma su di me ha sempre esercitato un certo fascino, sin da quando da piccolo andavo a passeggiarci con mio padre.
    Camminare per il Cep, percorrerlo da via Calamandrei (ok, lì non è ancora Cep!) fino a via Martiri del Turchino, è un'esperienza che almeno un paio di volte all'anno non mi faccio mancare. Quello che mi colpisce sempre è l'alternanza tra silenzio e rumori. Sulla strada le macchine sono poche, così come poche sono le vetture parcheggiate nei grandi spiazzi di via Novella (non conosco nessuno che abiti lì e possieda una macchina). Anche per strada si incontrano poche persone, di solito con i cani. Non c'è nessun luogo ricreativo in zona, né vetrine da vedere, dunque l'idea di passeggiare è fuori discussione. Però, per la sua posizione in mezzo alle colline, si sente l'eco di ogni urla dei bambini che giocano anche a decine di metri o lo scoppio dei mortaretti che esplodono. Alcuni palazzi sono fatiscenti o mezzi disabitati, ma non sono quelli ciò che guardo; guardo gli scoppi di vitalità
    Tappi di plastica, posizionati meticolosamente sotto il bordo della ringhiera

    Una faccia ha preso il posto di una ex-fontanella
    Alcuni quartieri hanno una loro grazia che è rovinata dalla loro storia, come è il caso di via Novella, dove il lampione simboleggia un po' questo qualcosa che rovina tutto
    Una parte di via Novella, con il mare e il porto in basso
     
    Anche il paesaggio del mare che si vede in lontananza è eccezionale, così come l'alternanza di natura selvaggia, natura trasformata in orti abusivi, sentieri ed ex sentieri che disegnano una geografia concorrente a quella dei palazzoni. Bene, ho già in mente un altro paio di soggetti da fotografare alla prossima passeggiata...


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