1. Martedì verso le 12 ero a mettere l'acqua alle piante in casa di mia mamma. Mentre riempivo le bottiglie ho dato uno sguardo su Facebook, un mio contatto aveva scritto che era caduto un ponte dietro Sampierdarena, consigliava di non prendere l'autostrada; nessun tono allarmistico: sono passato oltre, quando piove capita spesso che alcune strutture diventino inagibili.
    Qualche minuto dopo un mio amico scrive su Whatsapp che è crollato il ponte Morandi, ma il nome mi dice poco. Alla mia richiesta di chiarimenti arriva una foto; una foto da non crederci. Era il ponte dell'autostrada, o meglio un vuoto dove c'era parte di quel ponte. Ci metto un po'  a capire; quando succedono cose così grandi la prima impressione è che sia strano che attorno a me non ci siano altri segni di questa tragedia. Le piante sono ancora sul balcone, i rumori sulle strade di Voltri sono ancora gli stessi, nulla sembra essere cambiato a parte quella foto. Credo che sia perché una cosa così grande non ci si aspetta che possa succedere. Una macchina può cadere da un ponte, può anche succedere una rapina al supermercato davanti casa, ma un ponte intero non può cadere, sarebbe come se dicessero che è crollato il Colosseo: come fa il mondo attorno a continuare a ruotare dopo una cosa del genere? Eppure è successo. Minuto dopo minuto diventa più chiaro.
    Chi non conosce Genova chiede ai genovesi se ci siano mai passati sopra mentre chi abita qui ha scritto sui social network che sul ponte in quel momento tutti eravamo lì, ed è vero. La città è in lutto per essa stessa, ci vorrà del tempo per capire cosa fare adesso senza quel ponte, come muoversi, come continuare normalmente le nostre vite.
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  2. Il versante est della Limmat, dalla collina di Lindenhof



    Zurigo è una delle città più care del mondo. Non lo dico io, se cercate su internet troverete che la sua Bahnhofstrasse è una delle tre vie con i negozi dai prezzi più alti, insieme alla Fifth Avenue di New York... e un'altra via che non ricordo. Nonostante l'imprecisione ho pensato che iniziare in questo modo un breve articolo su un viaggio low cost fosse molto d'effetto.
    Appena tornato da un viaggio nella città mi sembrava interessante  darvi un paio di suggerimenti nel caso vogliate viaggiare a basso costo, specie se siete nella bella stagione. Alcune osservazioni che faccio credo che valgano per ogni viaggio fai da te in qualunque città europea.
    1°: non trascurare il tuo pancino!
    In un video che avevo visto per prepararmi al viaggio, la vlogger (che parola orribile...però credo che sia corretta e dunque la uso!) diceva che la Svizzera non è un posto famoso per la sua cucina, per cui non vale la pena di spendere una fortuna per il cibo e mi sento d'accordo... Stop: cioccolata e formaggi sono un discorso a parte, abbiate pazienza e ne parlerò! I ristoranti sono molto cari, ma soprattutto è molto caro quello che noi italiani compreremmo per colazione: cioè caffè e cappuccino, che vanno tranquillamente dai 3,5 franchi nelle macchinette ai 4 o 5 nei bar. Molto più conveniente comprare qualcosa al supermercato e consumarla prima che inizi la giornata. In realtà lo stesso vale anche per gli altri pasti(un kebab lo paghereste circa 8-9 franchi e un panino circa 10). Il mio consiglio dunque, se pensate di mangiare camminando o sfruttando gli spazi pubblici,  è di comprare qualcosa nei supermarket. Dietro il Fraumunster, verso il ponte vicino al lago (su Kappelergasse) si trova una Lidl che ha un buon reparto di prodotti da forno (dai croissant salati alle pizzette...se non vi scandalizza mangiarle all'estero!), mentre nelle varie Coop sparse per la città trovate ottimi prodotti a prezzi abbordabili (ho provato ad andare alla Migros ma la Coop mi pareva migliore. Ottima come rapporto marche/prezzi anche la Denner, che credo sia un discount, ma ha anche prodotti di marca, a differenza della Lidl.): i salumi sono cari ma non pazzeschi, così come la carne, ma il pane e alcuni latticini sono molto abbordabili. Con i formaggi i prezzi sono come in Italia: c'è il formaggio economico e quello più costoso, mentre latte e yogurt sono economici. La cioccolata di solito ha un reparto per sè! e le tavolette di solito vanno dai 2.40 franchi ai 3, vale proprio la pena di assaggiare non solo le diverse varietà della Lindt, ma anche altre marche (noi abbiamo provato una tavoletta della Ragusa che è un misto tra cioccolato bianco e al latte...ottima!). 

    2°: non trascurare quello che uscirà dal tuo pancino!
    Una delle fontane della città
    Se si è fuori tutto il giorno e si beve alle tante fontane della città... da qualche parte poi i liquidi devono pur uscire e siccome Zurigo è una città pulita non si possono fare uscire dove si vuole... In molti posti della città ci sono dei bagni pubblici a pagamento, molto puliti e sempre riforniti di sapone e carta igienica. Alcuni di questi costano 1 Franco, altri usano il trucchetto comodo ma sconveniente di accettare sia 1 franco che 1 euro... non fatevi fregare così! (attualmente 1 Franco vale 85 centesimi di Euro... quindi l'equiparazione non è proprio conveniente!). Se in tasca quel Franco non lo avete, ci sono almeno due bagni gratuiti e molto ben tenuti (di sicuro ce ne saranno di più...questi sono quelli che abbiamo trovato noi): uno e sul lungolago, versante est, più o meno all'altezza del teatro dell'Opera. Si trova vicino a un bel chiosco che serve cocktail, non è difficile da trovare. L'altro si trova invece in uno dei quartieri storici della città, proprio sotto la collinetta di Lindenhof, verso nord.

    3°: sfrutta quello che la città ti offre! 
    Una visuale dalla terrazza dell'ETH
    Zurigo non è una città caotica, ha tanti locali (nei quali se vuoi risparmiare comunque non entrerai!) e tanti punti di interesse, per cui i turisti sono sparsi per la città e non concentrati in un unico punto. Questo è un enorme vantaggio perché si può girare tranquillamente in una città non deserta ma neanche congestionata dalle code. Ci sono molti spazi di verde pubblico e la passeggiata sul lago è bellissima, così come i vari punti attorno alla Limmat. Il consiglio è di fermarsi a mangiare o a bere qualche cosa proprio in questi punti, godendo degli scorci sulla città e dei tanti cigni e papere che amano avvicinarsi a mangiare qualcosa del vostro (non economico) pasto! 
    Zurigo è una città universitaria e sia la facoltà di Medicina che l'ETH (il politecnico) sono in una zona che vale la pena di visitare per la vista sulla città che si gode da lì. Inoltre anche se è una città molto cara e non so cosa possa fare un comune studente (...o forse proprio per questo), gli studenti universitari hanno l'ingresso gratuito a molti monumenti! Per cui vale la pena, per chi può, di sfruttare il tesserino universitario!
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  3. Ho tradotto un racconto tratto dal libro Hasidic Tales of the Holocaust di Yaffa Eliach ad uso e consumo di chiunque ne sia interessato e poiché non ne esiste una traduzione italiana. Potete condividerla con chi volete, l’importante è che non spacciate la traduzione come opera vostra ma citiate Vincenzo Federico come traduttore e che non la utilizziate per ottenerne profitto.  Buona lettura! Se qualcuno fosse interessato ad altri brani del volume può contattarmi.

    I filatteri di un fratello

    Lei era un’adolescente. Suo fratello era di qualche anno più giovane. La loro intera famiglia era stata deportata insieme a migliaia di altri ebrei di Rzeszow verso il campo di sterminio di Belzec. Lei, suo fratello e un giovane cugino erano gli unici sopravvissuti di una famiglia molto numerosa. Nel novembre 1942, quando i molti viaggi verso i campi di sterminio avevano ridotto la popolazione del ghetto di Rzeszow, il ghetto venne trasformato in un campo di lavoro e diviso in due parti più piccole e isolate: A per i lavoratori-schiavi e B per i membri delle loro famiglie. I tre giovani si ritrovarono nel campo A. quando arrivarono suo fratello realizzò che, nella grande fretta della deportazione dalla parte più grande del ghetto, aveva lasciato lì i suoi filatteri, che aveva ricevuto per il suo Bar Mitvah allo scoppio della guerra. Credeva che se avesse pregato indossando i filatteri, lui, la sua amata sorella e suo cugino sarebbero sopravvissuti alla guerra, perché i filatteri erano appartenuti al suo bisnonno, un importante Hassid, ed erano stati tramandati di padre in figlio.
    Prima ancora che sua sorella provasse a fermarlo, lui corse indietro verso la parte più grande del ghetto per recuperare i suoi filatteri. Non appena entrò nel ghetto fu catturato dai tedeschi e venne condannato a morte con l’accusa di saccheggio. Quando sua sorella seppe del destino del fratello, corse immediatamente verso il quartier generale della Gestapo e supplicò il comandante di liberare il suo unico fratello ancora vivo. Il comandante della Gestapo la guardò perplesso e divertito e disse: -Sei stata proprio una ragazzina molto carina e coraggiosa a venire al quartier generale della Gestapo per supplicare per la vita di tuo fratello. Per gli ebrei questo posto è il portone verso l’eternità. Dammi una buona ragione per cui dovrei ascoltarti.
    -Per una ragione molto buona,- replicò la sorella senza esitazione, -Mio fratello è ritornato nella parte più grande del ghetto per recuperare un oggetto sacro che ha uno speciale potere protettivo. Se rilascerà mio fratello, non le accadrà nulla sui campi di battaglia e ritornerà in buona salute in Germania per riunirsi con la sua famiglia alla fine della guerra.
    Ci fu un silenzio nella stanza che per la sorella durò un’eternità. Il comandante della Gestapo guardò attraverso la finestra come alla ricerca di un punto lontano. Senza guardarla comandò: -Lasciate che il giovane si ricongiunga alla sorella.

    La pioggia

    Le selezioni al campo di lavoro di Rzeszow, in Polonia, terminarono nel novembre del ‘43. La sorella, suo fratello e loro cugino, tutti coloro che erano sopravvissuti da una grande famiglia, vennero deportati ad Auschwitz. Con l’avanzata dell’Armata Rossa, vennero poi evacuati in grande fretta.
    Durante i gelidi mesi dell’inverno del ‘45, decine di migliaia di esseri umani innocenti che stavano morendo di fame, congelando e a malapena vestiti, vennero guidati attraverso l’Europa a piedi e in carri bestiame verso vari campi di concentramento e di lavoro nelle parti più interne, in Germania. La sorella venne separata dai ragazzi e si ritrovò in un campo mentre il fratello e il cugino raggiunsero Gardelegen, in Germania.
    Era una giornata primaverile soleggiata e luminosa, il 14 aprile del ‘45 in un campo vicino alla città di Gardelegen. La liberazione era vicina. L’Armata Rossa si stava avvicinando in direzione del fiume Elba e divisioni armate dell’esercito americano stavano avanzando verso il fiume da ovest. I nazisti e i loro collaboratori avevano i giorni contati e stavano cercando una maniera veloce per uccidere i lavoratori-schiavi. Sotto la direzione di un soldato della Wehrmacht dei giovani tedeschi con l’uniforme delle S.S. riunirono 1100 prigionieri di varie nazionalità, incluso un americano, li pascolarono dentro un enorme fienile di mattoni circondato tutto da paglia impregnata di benzina e appiccarono il fuoco. Tra i 1100 esseri umani nell’inferno di fuoco c’erano i due cugini.
    È difficile descrivere le urla e le preghiere provenienti dal fienile. Man mano che il fumo diveniva sempre più intenso e le fiamme saltellanti diventavano più alte, le urla diminuivano e venivano soffocate dal suono dei colpi di tosse. Ma le preghiere non si fermavano. Tutte le preghiere individuali, tutti i barlumi di speranza si riunivano in una frase, un pianto di uomini in una babele di lingue: “Oh Dio, salvaci!” “Shema Yisrael!” “Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno!” Con ogni ondata di fiamme divoratrici, le urla degli uomini che stavano bruciando diventavano più distanti e deboli. Improvvisamente il cielo si fece nero. Un tuono scosse cielo e terra. La pioggia scese giù a fiumi, come un’alluvione.
    Le fiamme svanirono. Una manciata di giovani persone riuscì a uscire dal fienile e si gettò nella terra zuppa. I giovani cugini avevano vinto un’altra partita contro la morte ma sul pavimento dell’edificio c’erano i corpi bruciati di 1016 giovani.
    Il giorno successivo i soldati americani liberarono Gardelegen. Come indicato dal loro rapporto: Il secondo battaglione, 405 fanteria, scoprì vicino a Gardelegen un’atrocità così orribile che potrebbe benissimo essere stata compiuta in un’altra epoca o piuttosto su un altro pianeta.

    Una melodia pasquale

    La pioggia aveva estinto le fiamme del granaio di Gardelegen, Germania, dove 1016 lavoratori-schiavi morirono. Quando la pioggia si fermò i sopravvissuti all’incendio, altri prigionieri comuni e di guerra vennero caricati su camion controllati dai tedeschi e dai gendarmi per essere portati nei boschi ed essere fucilati. I boschi erano a pochi chilometri dal campo. L’aria era fresca e pulita. Il giovane fratello e il cugino erano su uno dei camion.
    -Sono stanco- disse una delle guardie; -Hey, ragazzo ebreo, canta per me una delle tue canzoni religiose o un inno-. Il cugino, un giovane hassid, aveva una bella voce.
    Era il 15 aprile del 1945, appena cinque giorni dopo la festa della Pasqua ebraica. Il giovane iniziò a a cantare una canzone dall’Haggadah di Pasqua Ve hi she amdah la-avoteinu. La melodia era bellissima. Subito gli altri lavoratori-schiavi di varie nazionalità e le guardie si unirono al canto. Il delicato vento di primavera portava la canzone agli altri camion del convoglio della morte e anche loro canticchiarono la melodia.
    Non appena si avvicinarono alla foresta, la guardia tedesca interruppe il canto. -Spiegami il significato della vostra canzone, traducila per me. Il giovane hassid tradusse: E questo è quello che accadde ai nostri antenati e a noi. Perché non è stato solamente uno ad alzarsi contro di noi per annientarci, ma in ogni generazione sono stati in molti ad alzarsi contro di noi per annientarci. Ma il Santo -benedetto sia Lui – ci ha sempre salvato dalla loro mano.
    Quando il ragazzo terminò la traduzione il tedesco scoppiò in una selvaggia risalta di scherno: -Vediamo un po’ come il vostro dio vi salverà dalla mia mano!
    -Io sono vivo, ma non ho paura di morire.- Rispose il ragazzo
    Raggiunsero uno spiazzo nella foresta. A gruppi da sei venivano portati vicino a un burrone per venire uccisi. I due cugini erano parte dell’ultimo gruppo. Sulla faccia del tedesco c’era un’espressione di trionfo mentre i giovani ragazzi venivano condotti alla loro morte.
    Improvvisamente arrivò una motocicletta con due alti ufficiali tedeschi; ordinarono che i prigionieri rimanenti venissero riportati al campo. Gardelegen si era appena arresa all’esercito americano.

    -Lo chiami pure destino, lo chiami miracolo, lo chiami come vuole- disse la signora Glatt concludendo la storia di suo fratello e di suo cugino, -ma una cosa è chiara. Noi, il popolo ebraico, con la nostra sovrabbondanza di fede, riusciremo in qualunque modo a sopravvivere per sempre.
    Dopo un breve momento di silenzio aggiunse: -Io sono la bisnipote di Rabbi Raphael Zimtboim, il segretario personale del rabbino di Zenzer, Rabbi Hayyim Halberstam. Il rabbino era zoppo e molte volte il mio bisnonno, Reb Raphael, lo portava in giro. Forse è stato merito suo, merito della fede innocente di mio fratello e merito dei filatteri che hanno protetto tutti noi. I filatteri appartenevano a Reb Raphael.
    -E suo fratello? dove è adesso?

    -Poco dopo la liberazione morì. I suoi polmoni erano stati molto danneggiati dall’incendio di Gardelegen. Ma morì da uomo libero!
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  4. Qualche giorno fa su Radio Capital ho sentito nominare il titolo di un racconto, Cat Person. In realtà non ne ho realmente sentito parlare, hanno solo citato il titolo (oppure ne avevano discusso prima e mi sono perso i loro commenti!) e poi hanno cominciato a parlare di animali domestici. Mi ha incuriosito che in radio si citasse un racconto, ma la mia curiosità si è fermata lì. Qualche giorno dopo ho notato un post su una pagina Facebook che si occupa di narrativa breve (Cattedrale Osservatorio Sul Racconto, come fa a non attirare l'attenzione un nome così?!) nel quale si dava il link al "racconto di cui si sta molto parlando" che ovviamente era Cat Person. Il link rimandava al testo del racconto pubblicato sulla rivista New Yorker che, da quel poco che so di editoria americana, è un faro per la narrativa statunitense. Ed ecco che la curiosità si è accesa del tutto.
    Nell'arco di qualche viaggio in treno e in bus ho letto il testo, scritto in un inglese dalla sintassi abbastanza semplice e con un lessico colloquiale (Dio benedica Wordreference, sempre a disposizione quando c'è qualche dubbio da chiarire!). La storia del racconto di Kristen Roupenian è semplice: Margot ha venti anni ed è molto sveglia, Robert ha qualche anno più di lei ed è molto impacciato e schiavo del suo ruolo di persona più grande. I due si conoscono, messaggiano e poi la loro storia va avanti (alcuni siti riassumono tutto il racconto, ma io sono dell'idea che non sia compito di una recensione anticipare troppo!). Il racconto è focalizzato su Margot e il punto forte del testo è proprio l'analisi psicologica del conoscersi, dell'iniziare una relazione, delle titubanze, i timori e i pensieri di quali potrebbero essere le aspettative dell'altro. Il testo risulta uno dei testi più letti sul sito del New Yorker anche perché il mondo del lettore, del lettore che legge su internet, è lo stesso mondo dei personaggi. Si tratta del nostro mondo fatto di relazioni portate avanti via messaggio, di persone che in fondo si conoscono solo per l'immagine che danno di loro o che noi ci siamo costruiti, persone che si conoscono poco ma a cui magari si concede una intimità solo fisica. Il lettore, come Margot, ricava dalla fantasia i tasselli che mancano per conoscere appieno qualcuno.
    Tutti questi elementi di indubbio valore spiegano perché chi ha letto il racconto lo ha apprezzato. Ma non spiegano perché tante persone abbiano avuto voglia di leggerlo e perché tanti mezzi di comunicazione (certo, anche questa pagina!) abbiano voglia di parlarne. Alcuni hanno parlato di narrativa che diventa virale ed effettivamente pare sia questo quello che è successo. Seguendo meccanismi che non saprei proprio analizzare. C'è chi mette in relazione il testo con lo scandalo delle molestie nel mondo del cinema, ma se leggete il racconto vi rendere conto che questo è solo un fragile gancio, il racconto è molto di più.
    Una cosa però mi chiedo e può essere uno spunto di riflessione interessante: ma tutta la gente che si è immedesimata o ha trovato repellente qualcuno dei personaggi, quelli che hanno espresso in qualunque modo un parere magari tramite un tweet, ecco, tutte queste persone leggono abitualmente racconti? Perché Cat Person è un bellissimo racconto, ma è in ottima compagnia! Carver, Hemingway, Tondelli, Yates, Fenoglio, Munro, Pirandello sono tutti autori che hanno lasciato pagine potenti sulla vita quotidiana e le relazioni, donando personaggi e spunti per chiunque cerchi in un testo qualcosa di sè e del mondo che lo circonda. 
    W la letteratura virale allora se può aprire a sempre più persone il mondo meraviglioso dei racconti e  se riesce a togliere la forma racconto dalla bacheca di "genere minore". Se invece il dibattito si scioglierà dopo qualche tweet e like sarà stato certo un piacere per chi ha letto e ne ha tratto beneficio, ma tutto sommato si potrà considerare un'occasione persa per i Racconti tutti.

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